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Il sostegno tedesco all'Ucraina

Il sostegno tedesco all’Ucraina

Il sostegno tedesco all’Ucraina: il contributo di Berlino alla causa ucraina ha già raggiunto i 24 miliardi di euro
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Il sostegno tedesco all’Ucraina: il contributo di Berlino alla causa ucraina ha già raggiunto i 24 miliardi di euro
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Il sostegno tedesco all’Ucraina: il contributo di Berlino alla causa ucraina ha già raggiunto i 24 miliardi di euro
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Il sostegno tedesco all’Ucraina: il contributo di Berlino alla causa ucraina ha già raggiunto i 24 miliardi di euro
Chernivtsi – «Investire in Ucraina significa investire in un futuro membro dell’Unione europea»: così il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha motivato il recente stanziamento di 195 milioni di euro per sostenere l’energia e le imprese in Ucraina, preannunciando al 6º Forum economico tedesco-ucraino che la Germania sta predisponendo un ulteriore pacchetto d’aiuti invernali da 1,4 miliardi di dollari, volto alla creazione d’uno scudo protettivo che consenta all’Ucraina di resistere agli attacchi russi. Secondo soltanto a quello americano, il contributo di Berlino alla causa ucraina ha già raggiunto i 24 miliardi di euro, cioè una cifra praticamente doppia rispetto a quella rilevata appena due mesi fa, quando scrivevo su queste pagine del riscatto tedesco rispetto al debito contratto nelle precedenti due guerre mondiali. Contando che Berlino concorre parallelamente agli ingenti aiuti dati a Kyiv dall’Unione europea, l’impegno tedesco è ancor più rimarcabile e trova ampio riscontro non solo nei numeri ma anche nella qualità, tanto al fronte quanto nelle città. Il flusso costante d’armamenti tedeschi moderni e di valore è infatti così evidente qui in Ucraina da non poter essere minimamente messo in dubbio. In una recente conversazione telefonica col cancelliere tedesco, Zelenskyj ha parlato della fallita offensiva russa contro Avdiivka (che ha comportato perdite a dir poco catastrofiche tra gli occupanti) ringraziando Berlino per la fornitura di ulteriori sistemi difensivi Patriot e Iris-T, grazie ai quali ogni notte verranno protette migliaia di vite. Il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha inoltre reso noto che l’industria della Difesa ucraina e il gruppo tedesco Rheinmetall hanno appena siglato una joint venture che consentirà all’Ucraina di manutenere i preziosi blindati tedeschi sul proprio territorio, ma anche all’azienda con sede a Düsseldorf di sfornare la cifra record di 400 tank l’anno (inclusi i Panther di nuova concezione) direttamente dallo stabilimento ucraino, per la cui costruzione sono già stati stanziati 200 milioni di dollari. Il piano prevede inoltre la produzione di veicoli corazzati da trasporto Fuchs simili a quelli usati dalla Bundeswehr, oltre a quella di carrarmati Leopard e veicoli da combattimento Marder. «La creazione d’una joint venture è – senza esagerare – un evento epocale che porta la cooperazione tra i nostri Paesi a un livello qualitativamente nuovo e ci permetterà di costruire insieme l’arsenale del mondo libero» ha sottolineato Shmyhal al Forum di Berlino. Dal 18 ottobre il Bundestag ha inoltre allentato i requisiti necessari all’integrazione di decine di migliaia di profughi ucraini nel proprio mercato del lavoro. «L’economia tedesca ha urgente bisogno di manodopera e lavoratori qualificati» ha affermato il ministro del Lavoro tedesco Hubertus Heil, rimarcando che niente come il lavoro porta all’integrazione. Stando ai dati diffusi dall’Agenzia federale per l’occupazione, il tasso degli ucraini già impiegati in Germania è del 19% ma, secondo Heil, esso «è lungi dall’essere sufficiente». Circa 6 milioni d’ucraini si trovano ancora all’estero a causa dell’invasione russa. Il Centre for Economic Strategy (Ces) stima che la metà di loro potrebbe decidere di non rimpatriare più. Le nuove misure disposte dal governo tedesco sono dunque apprezzabili, perché permetteranno a un milione d’ucraini emigrati in Germania di completare corsi di formazione e ottenere qualifiche abilitanti all’impiego, beneficiando dell’assistenza pubblica e integrandosi nella famiglia europea.   di Giorgio Provinciali

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