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Italia e Usa, oltre lo studio ovale c’è di più

Il rapporto fra Italia e Stati Uniti è sempre più saldo, cementato dalla difesa della libertà dell’Ucraina invasa dai russi e dalle scelte condivise 
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Italia e Usa, oltre lo studio ovale c’è di più

Il rapporto fra Italia e Stati Uniti è sempre più saldo, cementato dalla difesa della libertà dell’Ucraina invasa dai russi e dalle scelte condivise 
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Italia e Usa, oltre lo studio ovale c’è di più

Il rapporto fra Italia e Stati Uniti è sempre più saldo, cementato dalla difesa della libertà dell’Ucraina invasa dai russi e dalle scelte condivise 
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Il rapporto fra Italia e Stati Uniti è sempre più saldo, cementato dalla difesa della libertà dell’Ucraina invasa dai russi e dalle scelte condivise 

Nel viaggio americano di Giorgia Meloni oltre allo studio ovale e alla fotografia della nostra presidente del Consiglio seduta a parlare col presidente americano Joe Biden, c’è di più. C’è la politica e il rapporto fra due Paesi – Italia e Stati Uniti – sempre più saldo, cementato dalla difesa della libertà dell’Ucraina invasa dai russi, unito da interessi economici convergenti e da una visione geopolitica concorde che ha fatto dire alla Meloni che «l’America è leader naturale nel mondo». Nel simbolico di quell’immagine fotografica, dunque, il colloquio fra Biden e la Meloni alla Casa Bianca, oltre i due leader si incrociano una serie di scelte condivise: Washington che apprezza l’impegno italiano per mantenere un equilibrio nel Mediterraneo e la proposta di un piano per l’Africa, perché con un’Africa con nazioni instabili e senza crescita economica anche gli equilibri nel Mediterraneo andrebbero a farsi benedire. Agli americani, del resto, è piaciuta e molto pure la scelta italiana ed europea di sganciarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia. Uno sganciamento che oggi è realtà. Resta la Cina, è vero, con l’Italia che dovrà decidere sulla via della Seta e con altri Paesi europei, vedasi la Germania, che hanno forti interessi in ballo con Pechino. Ma la distensione delle ultime settimane fra Usa e Cina, culminata con il viaggio di Henry Kissinger – ex segretario di Stato di Richard Nixon – nel Paese del Dragone dà la misura dell’attuale razionalità americana in politica estera (la stessa Meloni, del resto, proprio dagli Usa ha fatto sapere che presto andrà in visita in Cina).

Questa visione comune del mondo fra Italia e Stati Uniti, e delle sfide fondamentali che l’Occidente sta affrontando, oltre a essere elemento determinante per la politica estera italiana lo è anche – e non sembri un paradosso – per quella interna. Finché durerà la guerra in Ucraina e fin quando, una volta terminata, non si sarà trovato un nuovo equilibrio geopolitico sul fronte Est dell’Europa, il governo Meloni – al di là del folclore di qualche dichiarazione di troppo di alcuni sui ministri, con scia di immancabili ‘segue dibattito’ – durerà, eccome. Due appuntamenti, l’anno prossimo, intersecano del resto il cammino del nostro governo con la politica estera, negli ultimi tempi mai così determinante come quest’anno. Il primo sono le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo; il secondo, la presidenza italiana del G7 nel 2024, evento che organizzerà il nostro Paese. Giorgia Meloni lo sa bene e il suo atlantismo, riconosciuto ormai anche dai critici più feroci, è il miglior biglietto da visita per il suo governo. Le parole di Joe Biden dopo l’incontro nello studio ovale – con l’accenno all’Africa, continente strategico (un pallino del governo italiano) – ne sono una diapositiva.

Di Massimiliano Lenzi 

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