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Jonathan Pacifici

Questa volta non ci facciamo sterminare, parla Jonathan Pacifici

Aveva appena 4 anni Jonathan Pacifici quando nel 1982 scampò all’attentato alla Sinagoga di Roma
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Questa volta non ci facciamo sterminare, parla Jonathan Pacifici

Aveva appena 4 anni Jonathan Pacifici quando nel 1982 scampò all’attentato alla Sinagoga di Roma
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Questa volta non ci facciamo sterminare, parla Jonathan Pacifici

Aveva appena 4 anni Jonathan Pacifici quando nel 1982 scampò all’attentato alla Sinagoga di Roma
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Aveva appena 4 anni Jonathan Pacifici quando nel 1982 scampò all’attentato alla Sinagoga di Roma

Aveva appena 4 anni quando nel 1982 scampò all’attentato alla Sinagoga di Roma. Poi ha deciso di trasferirsi a Gerusalemme, pensando che Israele fosse il posto più sicuro per gli ebrei. Oggi, però, sia l’Italia che l’Europa sono alle prese con l’allerta terrorismo e il ripristino dei controlli alle frontiere, mentre Israele è stato colpito dall’attacco del 7 ottobre. Jonathan Pacifici, che nel frattempo è divenuto presidente del Jewish Economic Forum, osserva che «Israele e il popolo ebraico si confrontano ormai da tanti anni con il terrorismo nelle sue modalità più becere. Così come nel 1982 sono stati attaccati i bambini alla Sinagoga di Roma, oggi i tagliagole di Hamas hanno cercato nel Sud di Israele i bambini per sgozzarli, stuprarli e bruciarli vivi. Di fronte a tutto questo si sta assistendo a un grande colpo di reni del Paese, che sta reagendo in maniera molto forte».

L’Autorità nazionale palestinese accusa il governo israeliano di genocidio a Gaza, chiedendo l’intervento della Corte penale internazionale, mentre i leader del mondo occidentale tentano di ‘contenere’ la reazione di Israele per evitare ulteriori escalation: «Questa è l’espressione dell’antisemitismo vecchio di 2mila anni che in Europa cerca di incolpare gli ebrei di qualsiasi problema del mondo. Se qualcuno viene, ti ammazza la famiglia, ti stermina i bambini o li brucia vivi, ti stupra le donne, tu cosa dovresti fare? Forse l’Europa si aspetta che si stia a guardare, porgendo l’altra guancia. Questa volta combattiamo e non ci facciamo sterminare» assicura Pacifici, che fa un parallelo con quanto accaduto alla fine della Seconda guerra mondiale. Ricorda infatti che il 24 luglio 1943 l’Operazione Gomorra in cinque giorni rase al suolo interi quartieri di Amburgo. Poi toccò a Kassel, Chemnitz, Berlino, Norimberga e Colonia, facendo 45mila vittime civili e poi altre 25mila a Dresda nel 1945. All’epoca Winston Churchill rispose alle critiche dicendo che «non ci sono tedeschi innocenti». Parole che Pacifici non dimentica: «Quando si combatte un male di stampo nazista come Hamas bisogna fare una guerra totale. Se decidiamo che i nazisti non vanno attaccati perché hanno famiglia, allora siamo perdenti. Invece le guerre vanno purtroppo combattute, anche quelle brutte. Non c’è niente di cui vergognarsi».

Mentre si è raggiunto un accordo per aprire il valico di Rafah agli aiuti umanitari a Gaza, a Gerusalemme aprono i temporary shop che offrono generi di prima necessità agli sfollati israeliani del Sud del Paese. «Negli ultimi giorni diversi missili sono stati intercettati dallo scudo Iron Dome, un esempio di come la tecnologia israeliana cerchi di evitare vittime, mentre dall’altra parte si spara sulla popolazione civile nella speranza di fare quanti più morti possibile» sottolinea Pacifici. Intanto dilagano le proteste del popolo arabo, dal Marocco fino alla Turchia. «È uno scontro di civiltà, il che non significa che ogni arabo la pensi in questo modo. C’è un problema con un certo Islam integralista che purtroppo ha penetrato anche l’Europa, se nel cuore della capitale europea – Bruxelles – esistono quartieri nei quali la polizia non entra e che sono di fatto uno Stato islamico da cui si può sprigionare il peggior tipo di terrorismo. Ma mentre in Israele c’è una grande consapevolezza dei rischi, l’Europa è assolutamente addormentata e appiattita sulla narrativa dei terroristi».

di Eleonoro Lorusso

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