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Nelson

La cultura woke e il museo all’attacco di Nelson

National Maritime Museum di Greenwich – La cultura woke colpisce ancora: questa volta il bersaglio è il celebre ammiraglio britannico Horatio Nelson. Ecco perché
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La cultura woke e il museo all’attacco di Nelson

National Maritime Museum di Greenwich – La cultura woke colpisce ancora: questa volta il bersaglio è il celebre ammiraglio britannico Horatio Nelson. Ecco perché
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La cultura woke e il museo all’attacco di Nelson

National Maritime Museum di Greenwich – La cultura woke colpisce ancora: questa volta il bersaglio è il celebre ammiraglio britannico Horatio Nelson. Ecco perché
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National Maritime Museum di Greenwich – La cultura woke colpisce ancora: questa volta il bersaglio è il celebre ammiraglio britannico Horatio Nelson. Ecco perché
A volte su vinti e vincitori cala lo spariglio della Storia. Prendiamo due generalissimi che hanno determinato i destini dell’Europa moderna, l’uno contro l’altro, sul campo di battaglia. Duecento anni dopo la morte in esilio, Napoleone Bonaparte «è parte di noi e le sue azioni si conservano nel nostro secolo» gli rende atto Emmanuel Macron. Dall’altro lato della Manica, il provvidenziale Horatio Nelson viene oggi preso a pesci in faccia. Non ancora dalla Corona, ma poco ci manca. Perché il National Maritime Museum di Greenwich – che ne custodisce l’uniforme con cui cadde a Trafalgar (praticamente la vera Croce, in fatto di reliquiari britannici) – ha deciso di sottoporre l’ammiraglio a un piccato j’accuse figlio dei nostri tempi. «Delle tue medagliette me ne frego» sibila una voce sotto forma di schermo interattivo. Proviene da una nuova statua, rivela il “The Telegraph”, a fianco del busto di Nelson: è la “Dea protettrice di tutti i migranti”, venerata ad hoc dall’universo woke ed evocata dal museo «in sinergia con i nostri stakeholder» per dispensare la sua giustizia riparatrice. Del povero Horatio viene perfino sminuito il sacrificio per il proprio Paese: «Coraggio e tenacia comuni a tanti altri, compresi i profughi che attraversano i mari per scampare alla guerra» lo demolisce la Dea, nell’ipotetico dialogo inscenato dal museo. Il bronzo in questione ha naturalmente le sembianze di una donna nera. Ma non è l’unico. Qualche teca più in là, ecco una creatura degli abissi che si definisce «né maschio né femmina, né umano né pesce». E valla a immaginare. Quello che conta, per gli illuminati organizzatori dell’esposizione, è che «dà voce genderless agli sconosciuti eroi degli oceani: di ammiragli, capitani e politici ce n’è abbastanza». Tutto questo fa rabbia tanto per la storiografia quanto per le vittime degli sbarchi, che nulla c’entrano coi memorabilia dell’impero britannico e non potevano essere tirati in ballo in maniera più caotica. Per la cronaca: il museo aveva valutato di ‘degradare’ l’ammiraglio già nel 2020 – in pieno fermento Black Lives Matter – poiché riconducibile a schiavismo e colonialismo (foss’anche per aver posto le basi del dominio acquatico di Sua Maestà). In ambito militare le fonti accertano le zone d’ombra di Nelson, soprattutto nella Repubblica napoletana del 1799, con una sanguinosa repressione sulla coscienza. Ma che fosse un sudista mancato è fiction. O accanimento. E a Greenwich devono fare i conti con l’essere l’istituzione che cura il patrimonio della Royal Navy e al contempo con il volerne espiare ogni colpa agli occhi acritici del falso progressismo: equazione irrisolvibile, salvo la demolizione controllata. Allora riecheggia beffardo il paradosso del Bonaparte, che «da vivo ha perso il mondo, da morto lo possiede» (F. R. Chateaubriand). Al postumo trionfatore di Trafalgar, c’est la guerre, né l’uno né l’altro. di Francesco Gottardi La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

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