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La dolce vita del viceministro

In manette per corruzione il numero due della Difesa russa, Timur Ivanov. L’accusa è di aver intascato “tangenti su larga scala”

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In manette per corruzione il numero due della Difesa russa, Timur Ivanov. L’accusa è di aver intascato “tangenti su larga scala”

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In manette per corruzione il numero due della Difesa russa, Timur Ivanov. L’accusa è di aver intascato “tangenti su larga scala”

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In manette per corruzione il numero due della Difesa russa, Timur Ivanov. L’accusa è di aver intascato “tangenti su larga scala”

Mosca – All’alba di martedì scorso è stato arrestato dal Fsb il viceministro della Difesa Timur Ivanov con l’accusa di aver intascato «tangenti su larga scala». Il caso è legato a episodi di «corruzione e appropriazione indebita nell’esecuzione di opere per le necessità del Ministero della Difesa» afferma lo stringato comunicato dell’agenzia “Tass”. Sarebbe tuttavia ingenuo pensare che la Procura russa abbia scoperto soltanto da poco lo stile di vita da nababbo che aveva il viceministro. Il Fondo per la lotta alla corruzione creato da Alexey Navalny aveva più volte denunciato gli acquisti milionari di immobili, gioielli e antiquariato che Ivanov e la moglie Svetlana facevano regolarmente in Europa, prima di essere sanzionati entrambi dall’Ue, dagli Usa e dal Canada dopo l’inizio delle ostilità in Ucraina (in realtà la coppia aveva fatto il disperato tentativo di divorziare per permettere alla donna di poter continuare a gestire i conti esteri). Ivanov era regolarmente invitato ai party privati nella residenza del portavoce di Putin, Dmitry Peskov, dove di tanto in tanto faceva la sua comparsa lo zar in persona.

La realtà è che Ivanov sembra essere diventato la vittima sacrificale dello scontro che da settimane sta coinvolgendo i vertici del Ministero della Difesa (dal 2013 Ivanov è il delfino del precedente ministro Sergey Shoygu) e il Ministero delle Finanze per la ripartizione dei fondi per la ricostruzione delle zone occupate dalle truppe russe nel Donbas, in particolare della città di Mariupol. Uno scontro che si preannuncia senza esclusione di colpi e di cui l’arresto di Ivanov è soltanto il primo episodio. Come dicevamo, il tenore di vita che la famiglia Ivanov era principesco. Malgrado il viceministro dichiarasse al fisco poco più di 100mila euro di entrate annue, era abituato a spese da capogiro. In base a un’inchiesta di “Proyekt” del 2019, la famiglia Ivanov nascondeva già allora beni immobili d’élite per un valore di un 1 miliardo di rubli. Secondo la pubblicazione il patrimonio del viceministro è costituito da una casa di 1,6 mila metri quadri e un terreno di 10mila metri quadri appena fuori la Capitale, oltre a un cottage a Ostozhenka di oltre 300 metri quadri. La squadra di Navalny ha messo le mani sull’archivio della posta elettronica della moglie di Ivanov: fatture relative a proprietà immobiliari, noleggio di yacht, acquisto di abiti e accessori costosi. La signora Svetlana e suo marito hanno speso oltre un milione di euro per le vacanze in Turchia, usando i conti personali della donna coperti da un’impresa impegnata nella ricostruzione di Mariupol’. Prima delle sanzioni gli Ivanov soggiornavano abitualmente a Saint-Tropez, dove arrivavano a spendere anche 850mila per sole quattro settimane di vacanza. Non solo: la consorte del viceministro è abituata a vestire Dolce e Gabbana – per i cui abiti spende centinaia di migliaia di euro (malgrado il governo russo consideri l’Italia «Paese non amico») – ed è un’assidua frequentatrice delle aste internazionali, dove ama comprare arredamento d’antiquariato.

Nel maggio 2023 il Centro Dossier aveva rilevato che i territori occupati in Ucraina «erano diventati una vera e propria miniera d’oro per Ivanov»: secondo le fonti della pubblicazione, tutti gli appaltatori del Ministero della Difesa pagano tangenti e, allo stesso tempo, stanziano fondi 3-4 volte superiori allo standard a fronte di un aumento dei coefficienti di costruzione nei territori occupati. Eppure neanche questo aveva attirato l’attenzione della magistratura russa, fino a quando Shoygu ha deciso di dare in pasto il suo collaboratore ai nemici del Ministero delle Finanze diretti dall’inossidabile Anton Siluanov, a capo di quel dicastero dal 2011.

Così, mentre i soldati semplici russi vanno a morire per pochi spiccioli in terre che non gli appartengono, i capi delle Forze armate russe lucrano sulla guerra e sulla ricostruzione dei territori occupati. Dimostrando ancora una volta che quelli installati al Cremlino non sono settori di borghesia nazionale – e neppure gruppi di aristocrazie senza titoli – ma clan in lotta fra loro. Di cui il presidente russo è soltanto il mediatore di interessi legali e illegali.

Di Yurii Colombo

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