Non fosse in ballo il risiko del mondo, il summit per le democrazie promosso dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden si spiegherebbe bene con il c’è/manca delle figurine d’una volta. Pakistan, c’è. Cina, manca. Ucraina, c’è. Russia, manca. Filippine, ci sono. Turchia, manca. Perché il summit, passato un po’ troppo sotto traccia sui media, in realtà rappresenta il primo mattone della dottrina Biden.
La geopolitica, vista dagli Usa, scommette infatti sulla bipolarizzazione del mondo, un po’ come ai tempi della Guerra fredda ma con più protagonisti in campo. La divisione non è tra autoritarismi da una parte e democrazie dall’altra. È più complessa. E ruota attorno a un meccanismo di chiarezza. Questo: ci sono autoritarismi e autoritarismi. Ci sono democrazie e democrazie.
Il summit ha messo tutti assieme, con gli Stati Uniti, quei Paesi che appartengono a un mondo che non minaccia le libertà e gli interessi, anche geopolitici, occidentali. Sull’altro versante si ritrovano invece tutti gli altri. Per queste ragioni, a nostro avviso, il summit delle democrazie non va sottovalutato. Perché al di là della questione nominalistica che può apparire alquanto generica, roba da filosofia politica, in realtà ha dietro di sé una chiara visione strategica del mondo. Una visione con cui oggi e nei prossimi anni dovremo fare i conti. Non dimenticando mai di guardare con attenzione al gioco delle figurine. Perché in politica, il c’è/manca non è mai per sempre. E può cambiare. In ogni momento.
di Jean Valjean
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