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La mattanza iraniana, parla Samira Ardalani

Samira Ardalani, attivista e portavoce dei giovani iraniani residenti in Italia, spiega la terribile situazione che si sta vivendo in Iran, primo Paese al mondo per pene capitali
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La mattanza iraniana, parla Samira Ardalani

Samira Ardalani, attivista e portavoce dei giovani iraniani residenti in Italia, spiega la terribile situazione che si sta vivendo in Iran, primo Paese al mondo per pene capitali
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La mattanza iraniana, parla Samira Ardalani

Samira Ardalani, attivista e portavoce dei giovani iraniani residenti in Italia, spiega la terribile situazione che si sta vivendo in Iran, primo Paese al mondo per pene capitali
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Samira Ardalani, attivista e portavoce dei giovani iraniani residenti in Italia, spiega la terribile situazione che si sta vivendo in Iran, primo Paese al mondo per pene capitali
Di Iran si parla meno da un po’ di tempo e non perché le cose vadano meglio. Fra meno di due mesi sarà trascorso un anno esatto dall’omicidio di Mahsa Amini, uccisa per un velo indossato male. La settimana scorsa è stata anche reintrodotta nelle strade la Polizia morale, in questi ultimi mesi impegnata a tenere a bada gli animi che incendiavano le sommosse sparse in tutto il Paese, mentre il compito di controllare il vestiario delle donne iraniane e le loro azioni era toccato agli occhi elettronici. L’Iran è ormai un Grande Fratello a ciclo continuo, un Paese dove gli autovelox ti multano per eccesso di velocità ma anche se tua moglie o tua figlia si sono permesse di lasciare fuori posto qualche ciocca di capelli. Ad aver rimesso gli occhi sul corpo delle donne è anche la popolazione più anziana ed estremista, come quel signore a cui ha risposto comprensibilmente in malo modo una coraggiosissima ragazza che se ne andava in giro senza velo, immortalata in un video divenuto virale sui social di tutto il mondo. La vita quotidiana resta pessima, in particolar modo quella dei giovani, eppure al momento l’emergenza resta un’altra. Mohammad Javad Vafai Sani, il 27enne campione di boxe arrestato nel 2020, dopo tre anni di torture è stato condannato a morte con l’accusa di corruzione sulla Terra (dello spirito, non certo economica). Dall’inizio dell’anno l’Iran ha compiuto oltre 400 esecuzioni, primo Paese al mondo per pene capitali. È probabile che Mohammad sarà il prossimo, visto che da qualche giorno è stato trasferito in isolamento in un luogo sconosciuto: una pratica che di solito anticipa di pochi giorni il lavoro del boia. «Il Consiglio nazionale della resistenza iraniana chiede all’Onu, all’Unione europea e alle organizzazioni per i diritti umani un immediato intervento per salvare la vita di Mohammad e porre fine all’uso della pena di morte in Iran» spiega Samira Ardalani, cittadina italiana e figlia di esuli, attivista e portavoce dei giovani iraniani residenti in Italia. «Se il regime giustizia senza sosta è perché sono oltre quattro decenni che gode dell’impunità più totale: nessuno dei responsabili del massacro dell’estate 1988, in cui furono giustiziati 30mila prigionieri politici, ha affrontato la giustizia. L’attuale presidente Raisi fu una delle figure chiave di quel massacro, quale membro della Commissione della morte preposta a decidere in pochi minuti, in processi farsa, se condannare a morte i dissidenti in carcere. Resta cruciale assicurare che i responsabili del regime, colpevoli di crimini contro l’umanità e violazioni dei diritti umani, affrontino la giustizia». Per Samira Ardalani resta inoltre una priorità inserire finalmente il Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica nella lista delle organizzazioni terroristiche.   di Ilaria Cuzzolin

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