L’eco del dramma ucraino arriva anche nello spazio e non potrebbe essere diversamente. Le collaborazioni scientifiche con la Russia sono ora congelate e pagano il prezzo della scelta dell’aggressione di Putin all’Ucraina.
L’Europa parla con una voce sola pure dallo spazio. Le collaborazioni scientifiche con la Russia non possono che pagare il prezzo della scelta dell’aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina. Una realtà particolarmente dolorosa, in una comunità per sua natura senza confini, ma giudicata senza alternative.
Scrivevamo dell’unica voce europea: le agenzie spaziali dei singoli Paesi hanno scelto di non commentare o prendere posizione una per volta, nell’attuale crisi con la Russia. Al pari delle altre del Vecchio Continente (con la relativa eccezione dell’agenzia tedesca per alcuni programmi di cooperazione circoscritti a Germania e Russia), l’Agenzia spaziale italiana non interviene e non commenta, lasciando che a parlare per tutti sia l’Agenzia spaziale europea.
L’Esa, pur davanti a missioni e cooperazioni lanciate anni fa e dalla portata ultradecennale, non ha potuto che prendere atto di ciò che sta accadendo, definendo «altamente improbabile» il più ambizioso dei programmi sviluppati con i russi: la missione ExoMars. Il lancio della sonda automatica verso Marte era previsto fra la tarda estate e ottobre di quest’anno, per sfruttare una finestra di rendez-vous con il pianeta rosso che si ripresenterà solo fra due anni.
Una presa d’atto dolorosa per l’Esa, la nostra Asi e tutte le agenzie coinvolte, ma chi lavora nella ricerca aerospaziale non può che avere paradossalmente i piedi ben piantati sulla Terra. Non si può far finta di niente, mentre un pezzo d’Europa viene messo a ferro e fuoco in un’aggressione militare che tenta di riportare indietro l’orologio della Storia.
Sulla Stazione Spaziale Internazionale, intanto, il lavoro procede come sempre. Al momento è in orbita un cosmonauta di Mosca (i russi li hanno sempre chiamati così, mentre per noi occidentali sono “astronauti”) e altri tre sono in partenza dalla base kazaka di Bajkonur. La ISS è di fatto divisa in due blocchi: i moduli occidentali – progettati e gestiti da Nasa, Esa, canadesi e giapponesi – in cui sono concentrati gli strumenti vitali della Stazione e si conduce la stragrande maggioranza degli esperimenti; i moduli russi, meno importanti e del tutto dipendenti da quelli occidentali.
Viceversa, il contributo dell’Agenzia spaziale russa è determinante per mantenere l’ISS alla quota prefissata di circa 400 km dalla Terra. Per effetto dell’attrazione del nostro pianeta, la Stazione tende infatti a perdere quota e deve essere stabilizzata, operazione affidata ai vettori russi. Nasa ed Esa stanno cercando di affrancarsi da questa dipendenza, programmando di utilizzare gli SpaceX di Elon Musk e un lanciatore di progettazione europea.
Anche lassù, dunque, arriva l’eco del dramma ucraino e non potrebbe essere diversamente. Il programma di cooperazione spaziale è stato un simbolo della nuova era, seguita alla fine della Guerra fredda. Addolora che sia messo in discussione dall’azzardo di un uomo solo, ma aiuta a comprendere l’esatta dimensione della pericolosità del disegno di Putin.
di Marco Sallustro
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