Mirano ai civili che fuggono o provano a mangiare
Senza nessun stupore, la Russia non ha rispettato i cessate il fuoco negoziati con gli ucraini, condannando migliaia di civili a rischiare la vita sotto i bombardamenti. Ma non sono numeri, si tratta di persone.
Mirano ai civili che fuggono o provano a mangiare
Senza nessun stupore, la Russia non ha rispettato i cessate il fuoco negoziati con gli ucraini, condannando migliaia di civili a rischiare la vita sotto i bombardamenti. Ma non sono numeri, si tratta di persone.
Mirano ai civili che fuggono o provano a mangiare
Senza nessun stupore, la Russia non ha rispettato i cessate il fuoco negoziati con gli ucraini, condannando migliaia di civili a rischiare la vita sotto i bombardamenti. Ma non sono numeri, si tratta di persone.
Senza nessun stupore, la Russia non ha rispettato i cessate il fuoco negoziati con gli ucraini, condannando migliaia di civili a rischiare la vita sotto i bombardamenti. Ma non sono numeri, si tratta di persone.
Senza che nessuno si sia sorpreso, la Russia non ha rispettato i cessate il fuoco negoziati con gli ucraini, condannando migliaia di civili a rischiare la vita sotto i bombardamenti indiscriminati che Putin ordina sulle città contese. Ma non sono numeri, si tratta di persone.
«Messaggio da Kharkiv, da un mio grande amico e collega con cui lavoro continuamente nell’ambito della ricerca universitaria e che ora è impegnato a fare barricate» ci trasmette Peter Pomerantsev, senior fellow dell’Agora Institute: «La situazione è dura» gli scrive l’amico.
«La città è terrorizzata dal fuoco d’artiglieria. Le persone vengono uccise quando sono per strada, sulla via di casa o del rifugio. Il lancio di missili Grad ha appena colpito le persone in fila per il cibo. È un bagno di sangue. Molti morti. Nord Saltivka, un quartiere molto popolato della città, è soggetto a raid aerei a tutte le ore del giorno e della notte. Le persone non hanno lasciato i rifugi per cinque giorni. Non c’è modo di lasciare la città a meno che non cessino i raid aerei. Colpiscono punti lontani dagli obiettivi militari o le infrastrutture: centri sportivi, case, bar. Sono rimaste solo 25 farmacie per una città di un milione e mezzo di persone. Ed è ancora più duro per quelli che hanno parenti allettati, anziani o disabili. Non hanno speranza. Non ci sono medicine, trattamenti o modi per andarsene. Poliziotti e pompieri sono al limite: non hanno abbastanza persone e risorse. Ci sono così tanti colpi di artiglieria che ho perso il conto. È un’aperta campagna terroristica contro i civili. Civili!» Questo da Kharkiv, una delle città sotto assedio russo come Mariupol e Kyiv.
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Nonostante tutto gli ucraini trovano il modo di resistere. Anche con gesti d’amore, come racconta Richard Engel, capo della corrispondenza estera per “Nbc News”: «Olesya, soldatessa delle brigate territoriali ucraine, si è sposata oggi con una cerimonia sul campo di battaglia di Kyiv con fiori e musica, mentre le forze russe si avvicinano nuovamente alla capitale».
Intanto le città non ancora raggiunte dalle truppe di Mosca si preparano. Oliver Carroll, corrispondente per “The Economist”, scrive che «un intellettuale di Odessa si prepara per l’assalto russo sistemando i libri a protezione delle finestre: “Pensano che li accoglieremo con pane e sale e fiori ma si sbagliano” afferma risoluto. “Putin ci ha resi tutti ucraini patriottici”».
Da una parte la disperazione (ma anche la speranza e la risolutezza), dall’altra la repressione. Kevin Rothrock, redattore di “Meduza”, riporta la notizia di Ana Vasilyeva, giornalista di “Kommersant”: «Oggi i poliziotti a Mosca fermano le persone e chiedono di poter vedere i loro cellulari per leggere i messaggi, rifiutandosi di rilasciare i cittadini se si rifiutano».
Una stretta nella gestione del dissenso della popolazione russa nei confronti della cosiddetta “operazione speciale” del Cremlino e che la giornalista bielorussa Hanna Liubakova commenta desolata: «Più di 3.500 persone sono state arrestate domenica perché manifestavano contro la guerra e moltissimi procedimenti penali sono stati aperti contro altri attivisti, rendendo la Russia sempre più simile al mio Paese, la Repubblica di Belarus, dove ogni attività è proibita».
di Camillo Bosco
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