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Myanmar

Myanmar con le mani in banca

Le banche straniere continuano a facilitare l’acquisto di armi da parte della giunta militare del Myanmar, macchiata di crimini contro i civili

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Le banche straniere continuano a facilitare l’acquisto di armi da parte della giunta militare del Myanmar, macchiata di crimini contro i civili

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Myanmar con le mani in banca

Le banche straniere continuano a facilitare l’acquisto di armi da parte della giunta militare del Myanmar, macchiata di crimini contro i civili

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Le banche straniere continuano a facilitare l’acquisto di armi da parte della giunta militare del Myanmar, macchiata di crimini contro i civili

Le banche straniere continuano a facilitare l’acquisto di armi da parte della giunta militare del Myanmar. Le più attive, secondo l’ultimo rapporto di Tom Andrews, relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani, sarebbero quelle thailandesi. «Facendo affidamento su istituzioni finanziarie disposte a fare affari con le banche statali del Myanmar sotto il suo controllo, la giunta ha accesso immediato ai servizi finanziari di cui ha bisogno per effettuare violazioni sistematiche dei diritti umani, compresi gli attacchi aerei contro i civili, che sono aumentati di cinque volte» ha spiegato Andrews.

Da più di tre anni il Myanmar è devastato da una guerra civile che ha contrapposto l’esercito (che ha preso il potere con un colpo di Stato nel febbraio del 2021) ai gruppi di resistenza popolare. Uno scontro interno che sinora ha causato la morte di 5mila persone. Di fronte a una diffusa opposizione pubblica e a una crisi economica che ha provocato un aumento dei livelli di povertà, la giunta militare ha incrementato i raid aerei e gli attacchi contro i civili e le infrastrutture, sfollando più di 3 milioni di persone. Secondo il rapporto dell’Onu “Banking on the death trade: how banks and governments enable the military junta in Myanmar”, tra l’aprile del 2023 e il marzo di quest’anno sedici banche in sette Paesi hanno elaborato transazioni a favore della giunta militare dell’ex Birmania, formalmente nota come State Administration Council (Sac).

La Thailandia ha superato Singapore, Cina e Hong Kong. E ora è al primo posto tra i facilitatori finanziari per gli appalti militari del Myanmar, con gli istituti di credito di Bangkok che avrebbero agevolato acquisti militari per 60 milioni di dollari nel 2022 e per 120 milioni nel 2023. Lo scorso anno la sola banca thailandese Siam Commercial Bank avrebbe elaborato più di 100 milioni di dollari di transazioni rispetto a poco più di 5 milioni del 2022. L’istituto di credito ha negato le accuse, citando un’indagine interna secondo la quale le transazioni col Myanmar non erano collegate al commercio di armi. Anche il Ministero degli Esteri thailandese ha precisato che «le nostre istituzioni bancarie e finanziarie seguono i protocolli bancari come qualsiasi altro importante centro finanziario. Quindi dovremo accertare i fatti prima di considerare qualsiasi ulteriore passo». Tuttavia, secondo Andrews, le banche internazionali devono sapere che esiste «un’alta probabilità che le transazioni che coinvolgono entità statali del Myanmar, come la Myanma Foreign Trade Bank, possano comportare acquisti di armi o materiali per uso bellico. L’unico modo per evitarlo è non fare affari con le banche birmane».

Le lacune nelle sanzioni (imposte individualmente da alcuni Paesi occidentali, ma non dall’Onu) permettono alla giunta militare birmana di acquistare carburante per l’aviazione. Ecco perché l’analista David Scott Mathieson sostiene che i veti sul gasolio potrebbero non essere sufficienti «per avere un impatto reale, perché i militari sono in grado di accedere alle materie prime e possono fabbricare proiettili, armi e mine per continuare a combattere e a colpire la popolazione civile sia via terra sia con le sortite aeree».

Di Filippo Merli

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