Natale di guerra, Natale di (necessaria) riflessione
Quarto Natale di guerra in Ucraina. Basterebbe scrivere questo per rendere plastico e insopportabile il peso dell’inconcepibile
Quarto Natale di guerra in Ucraina. Basterebbe scrivere questo per rendere plastico e insopportabile il peso dell’inconcepibile.
La generazione che era convinta di aver chiuso con l’idea stessa della guerra – almeno in casa, si intende – che aveva escluso anche il pensiero che qualcuno decidesse di modificare i confini con la forza (del resto, lo avevamo letto solo sui libri di scuola…), non riesce a risvegliarsi da questo incubo? Non riesce a fare pace con la realtà?
Vladimir Putin aveva programmato di papparsi tutta l’Ucraina in 72 ore, uccidere o almeno spedire in esilio il presidente democraticamente eletto Volodymyr Zelens’kyj e sostituirlo con un cameriere in salsa bielorussa.
Al quarto Natale di guerra, siamo qui a registrare con crescente senso di impotenza e straniamento psicologico la pretesa russa di avere tutto il Donbas. Senza averlo conquistato. Perché, dopo aver violentato il diritto internazionale, cosa sarà mai far strage anche della logica e di quel poco di faccia rimasta?
Il quarto Natale di guerra in Ucraina non fa certo dimenticare Gaza
Il quarto Natale di guerra in Ucraina non fa certo dimenticare la tragedia che si è appena conclusa nella Striscia di Gaza, ma solo nei suoi aspetti più insopportabili e cruenti.
La famigerata e perlopiù misteriosa “fase due” più volte invocata dallo stesso Presidente degli Usa Donald Trump resta un guscio vuoto. A Gaza si continua a morire di fame e di freddo, anche se in strada non scende più nessuno per ricordarcelo con il ditino alzato. Sono gli stessi che per l’Ucraina hanno risolto il problema non scendendoci mai in piazza. Alla faccia del Natale e di tutti i buoni sentimenti di cui amiamo far grandi chiacchiere e ben poco costrutto.
Ma c’è altro: viviamo un Natale all’insegna della più pura volgarità, della violenza verbale, della volontà di sopraffazione nelle piccole e piccolissime cose quotidiane. Dell’incapacità di tanti di riconoscere quanto sia triste atteggiarsi a volgari e presuntuosi. Quanto il cinismo non faccia presagire proprio nulla di buono, nonostante tutti gli sforzi di chi crede che il volto feroce (nulla più dell’altra faccia della medaglia dei ditini alzati, pronti a farci la morale) sia un segno distintivo di intelligenza e superiorità.
Sono solo degli sfigati che la storia tratterà per quel che sono, a cominciare dai tanti e volenterosi lacchè di quel potere tracotante così tanto di moda oggi.
Che il Natale sia un’occasione – per tutti, credenti o meno – di ritagliarsi qualche minuto per pensare se sia questo il volto del mondo che vogliamo raccontare e lasciare ai nostri figli. Se rifiutare certe indecenze, anche nella forma, non sia un necessario primo passo da compiere per prendere distanza e ricordarci che molto altro è possibile. Anche in questo difficile Natale 2025.
di Fulvio Giuliani
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