Nel sacco
Proviamo a ragionare sullo scandalo che ha investito il Parlamento europeo con presunte lobby in Qatar. Per non far cadere la democrazia in un cul-de-sac.
| Esteri
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Proviamo a ragionare sullo scandalo che ha investito il Parlamento europeo con presunte lobby in Qatar. Per non far cadere la democrazia in un cul-de-sac.
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Proviamo a ragionare sullo scandalo che ha investito il Parlamento europeo con presunte lobby in Qatar. Per non far cadere la democrazia in un cul-de-sac.
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Proviamo a ragionare sullo scandalo che ha investito il Parlamento europeo con presunte lobby in Qatar. Per non far cadere la democrazia in un cul-de-sac.
Il cervello non è una banconota, perciò non mettiamolo dentro un sacco e proviamo a ragionare sullo scandalo che in questi giorni ha investito alcuni esponenti politici (di sinistra) del Parlamento europeo: gli inquirenti ritengono che Qatar e Marocco gli abbiano trasferito denaro e offerte di regali di lusso per promuovere la loro immagine e svolgere attività di lobby. Se trasparente e alla luce del sole, il lobbismo è attività lecita di cui si nutrono il capitalismo e anche gli Stati. In Unione europea (come negli Stati Uniti) esistono norme che lo regolano, norme che mancano invece in alcuni suoi Paesi membri come l’Italia. Provvedere a questa mancanza sarebbe cosa buona e giusta, fermo restando che la corruzione – laddove si consuma ed è provata – rimane ovviamente un reato da colpire.
Detto del lobbismo, veniamo al Parlamento europeo. Ma davvero in Qatar sono convinti che gli eurodeputati (o gli ex) siano così ascoltati dai cittadini europei? Un conto sono le attività che il Parlamento Ue svolge, altro il peso di questo presso l’opinione pubblica: molti tra noi (compreso chi scrive) difficilmente conoscono persino i nomi e i cognomi di tutti gli eurodeputati del proprio Paese. Per questo la vicenda di cui si sta occupando la magistratura belga solleva – riguardo ai ricchi qatarioti – un dubbio: non è che hanno preso un bel bidone stile Totò, Nino Taranto e la vendita della Fontana di Trevi, sopravvalutando il peso e il ruolo dei politici oggi oggetto delle indagini? La domanda è legittima così come ha senso – mentre non si ferma l’indignazione per i sacchi di soldi e per le cronache quotidiane sull’inchiesta – fare una distinzione.
Un eurodeputato può parlare bene del Qatar, rientra nella sua libertà di pensiero e di espressione, purché non lo faccia perché corrotto. Sull’onda di una eterna questione morale che riguarda i comportamenti della politica e il giudizio delle opinioni pubbliche, il rischio infatti è che d’ora in avanti chiunque parli bene di quel Paese diventi immediatamente un venduto. La qual cosa, se usciamo dagli emiri e andiamo a parlare di Russia o di Iran, diventa una questione di politica internazionale e di equilibri di potere.
Vi sono purtroppo Paesi e aree del mondo dove la democrazia non esiste e non esiste il rispetto dei diritti. Lo sappiamo. Con questi Stati cosa devono fare le democrazie e i politici eletti? Non parlare affatto perché sarebbe come vendersi? Sostenere questo sarebbe un errore di realismo politico che non migliorerebbe i diritti delle persone che lì vivono. La Cina non è democratica. La Russia non è democratica. L’Iran non rispetta i diritti e pratica impiccagioni vergognose. Il Qatar non ha la legislazione sul lavoro che abbiamo in Europa. La Turchia non è un giardino dell’Eden. E l’elenco potrebbe continuare. Di questo passo la politica occidentale smetterebbe di parlare con chiunque, senza per questo rendere il mondo un posto migliore e più libero. Il che non sarebbe un passo avanti per la democrazia, quanto piuttosto il suo cul-de-sac.
di Massimiliano Lenzi
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