Per la pace serve realismo
La pace si costruisce nella realtà, non nei sogni. Altrimenti si è soltanto dei paciosi, dei bonaccioni indolenti, dei fessi o, più probabilmente, dei cinici
Per la pace serve realismo
La pace si costruisce nella realtà, non nei sogni. Altrimenti si è soltanto dei paciosi, dei bonaccioni indolenti, dei fessi o, più probabilmente, dei cinici
Per la pace serve realismo
La pace si costruisce nella realtà, non nei sogni. Altrimenti si è soltanto dei paciosi, dei bonaccioni indolenti, dei fessi o, più probabilmente, dei cinici
La pace si costruisce nella realtà, non nei sogni. Altrimenti si è soltanto dei paciosi, dei bonaccioni indolenti, dei fessi o, più probabilmente, dei cinici
Non ci sono ancora le condizioni per la pace, in Medio Oriente e ai confini di Israele. Meno ancora ci sono sul fronte ucraino. Sperare nella pace non può significare cancellare la realtà e affidarsi all’illusione. Il pacifismo, se serio, non ignora i problemi aperti e le forze in campo. La pace si costruisce nella realtà, non nei sogni. Altrimenti si è soltanto dei paciosi, dei bonaccioni indolenti, dei fessi o, più probabilmente, dei cinici che preferiscono ignorare la guerra che subiscono altri pur di tenersi al riparo dalla realtà. Un cinismo di cui ci si pente troppo tardi.
Le condizioni per la pace, i pilastri attorno ai quali ha senso negoziare, sono due. La prima condizione è che le parti riconoscano il reciproco diritto all’esistenza. Finché l’uno penserà di potere cancellare o annettere l’altro non potrà esserci pace, ma soltanto delle tregue. La seconda condizione è che l’odierno aggredito abbia delle garanzie, visto che sa per esperienza – e tutti l’hanno visto – che dall’altra parte non ci si fa scrupoli a spargere del sangue. Le garanzie possono essere diverse: dal disarmo all’interposizione di una forza terza, alla creazione di una fascia smilitarizzata.
Sono queste le ragioni per cui la pace in Ucraina, a oggi, o si rivela un pericoloso piegarsi occidentale o si concreta in una sconfitta per Putin. Per questo non è a portata di mano. Mentre proprio la presenza delle armate ucraine in una regione russa crea le condizioni per un possibile cessate il fuoco. Poi si vedrà.
A Gaza la tregua è arrivata, ma non è la pace. Mentre il tipo di guerra di reazione, aperta da Israele, non ha risolto il problema della minaccia di Hamas ma ha creato una spaccatura in Israele. Il che non toglie che quell’azione armata ha avuto i meriti di far cadere Assad in Siria, di avere umiliato la Russia di Putin e di avere ridotto le capacità iraniane di agire per il tramite dei mercenari. Non poco, ma non è il prevalere che porta con sé la pace.
La tregua è stata festeggiata sia dalle piazze israeliane che da quelle palestinesi. Cosa ragionevole, visto che la guerra costava vite da una parte e dall’altra. Ma non sono pochi, da una parte e dall’altra, quelli che non hanno festeggiato. Con Hamas manca la prima condizione della pace, visto che continua a non riconoscere la legittima esistenza di Israele. Per quanto i propagandisti s’affannino a negare con veemenza la realtà, il popolo palestinese è stato preso in ostaggio per potere cancellare Israele ed è questo che genera le guerre e impedisce la pace. Sono i nemici di Israele ad avere l’intera responsabilità di quel che è accaduto e di quel che accade.
Nel tempo, però, le cose sono cambiate anche in Israele. La cui classe dirigente e i cui cittadini non sono più soltanto ebrei della diaspora, giunti da fuori, ma israeliani nati in casa propria. Fra loro ve ne sono che si sono convinti di un fondamentalismo opposto: come chi prende in ostaggio i palestinesi vuole negare Israele, loro prendono in ostaggio il conflitto per negare lo Stato palestinese. Israele ha ripetutamente portato il suo consenso di pace e favorito la nascita di autorità palestinesi. Ma in cambio ha avuto guerra e morte, fino all’oscena azione del 7 ottobre 2023.
Netanyahu, che una parte consistente di israeliani contestava per questioni relative alla giustizia, ha costruito la sua maggioranza con gli esponenti di quel fondamentalismo. Ciò complica le cose, ha reso la tregua più difficile (si sarebbe potuta ottenere molti mesi fa e alle stesse condizioni) e la rende oggi più fragile. Il fatto che si spacchi il governo israeliano è soltanto un effetto a specchio della spaccatura nella società israeliana. Con una enorme differenza, rispetto ai palestinesi: Israele è una democrazia.
Né in Ucraina né in Israele c’è spazio per i paciosi. Sarebbe bene lo si togliesse loro anche da noi, cominciando a parlare da adulti a sé stessi e all’opinione pubblica. Le illusioni portano guerre, mentre la pace è fatta di realismo.
Di Davide Giacalone
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