Un anno che resterà. Cinque chiodi
Un anno che resterà. Questo 2022 è la tomba degli equilibri del 1945 e della “strana pace” che ci ha accompagnato, dissolvendosi, a febbraio
| Esteri
Un anno che resterà. Cinque chiodi
Un anno che resterà. Questo 2022 è la tomba degli equilibri del 1945 e della “strana pace” che ci ha accompagnato, dissolvendosi, a febbraio
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Un anno che resterà. Questo 2022 è la tomba degli equilibri del 1945 e della “strana pace” che ci ha accompagnato, dissolvendosi, a febbraio
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Un anno che resterà. Questo 2022 è la tomba degli equilibri del 1945 e della “strana pace” che ci ha accompagnato, dissolvendosi, a febbraio
Quante mirabilissime cose ci lascia quest’anno, a tal punto grandi da aver ridotto a un nulla ogni centenario possibile perché lui, questo 2022, è la tomba degli equilibri del 1945 e della “strana pace” che ci ha accompagnato, dissolvendosi, a febbraio. Il primo chiodo nella bara: finite le Olimpiadi cinesi sono andati in frantumi gli accordi di Budapest, di Minsk, di Astana nonché gli esiti della conferenza di Monaco, quella buona, ributtandoci sul confine di quella “cattiva” dove il dilemma è se accettare o meno la modifica manu militari dei confini in Europa. Perché per noi l’Ucraina e la Russia non possono che essere Europa e mai violazione fu più eclatante e spaventosa anche rispetto al precedente in Crimea.
Sdoganata l’idea che “i confini con le armi si torna a modificarli” è saltato di conseguenza il “senso di deterrenza dell’atomica” e abbiamo messo il secondo chiodo: da arma dove la differenza tra tattica e strategica era in sé irrilevante – perché funziona se non impiegabile – siamo passati all’ipotesi atroce di un’arma offensiva ragionando se il suo uso (offensivo) potesse essere tattico senza scalare allo strategico: un puro sofismo. E che il suo ruolo di deterrenza sia in crisi lo vedete: prendendo il mappamondo accarezzate con un dito la Kamchatka e poi scendete lungo la costa viaggiando verso Ovest. Il primo Paese senza nuke o senza la sua tecnologia che incontrerete è… la Grecia, qui di fronte. Russia, Cina, Corea, India, Pakistan, Iran, Israele (per non parlare delle tecnologie giapponesi o delle ‘ricerche’ offerte da Mosca, turche, egiziane, indonesiane o addirittura il “conto terzi” dei sauditi) la vogliono montata su un missile “per stare più tranquilli” o per “far stare preoccupati” i vicini.
Il terzo chiodo è la “fine della neutralità”: tu puoi essere neutrale fin che vuoi – armato o disarmato scegli tu – ma quando qualcuno si agita sui tuoi confini e ci sono dei precedenti allora la neutralità, anche a costo di venir meno per ragion di Stato a qualche principio, viene sostituita dalla caccia alla sicurezza. Svezia e Finlandia per vivere in pace sono corse sotto l’ombrello americano; altri avrebbero voluto ma non si poteva e questa favola dell’allargamento a Est della Nato fa ridere i polli. Il problema è che quei Paesi, dall’Ucraina alla Georgia, dall’Est scappano.
Quarto chiodo: due dei tre sconfitti del 1945, quelli grossi, hanno ritirato fuori il martello e si preparano a divenire più o meno il terzo e il quarto Paese in graduatoria per spesa militare: Germania e Giappone fa impressione vederli capitanare la nuova corsa agli armamenti “convenzionali”, stravolgendo non solo le loro Costituzioni ma il significato stesso della loro rinascita e del loro poderoso sviluppo economico. Per la Germania è uno shock a 360 gradi perché archivia come “errori della politica” almeno vent’anni di scelte dei due partiti principali. Per il Giappone la perdita della indipendenza di Taiwan sarebbe un attacco al cuore della propria sopravvivenza, la Cina una minaccia strategica e Kim un vicino incomprensibile: basta e avanza per ridefinire “capacità di proiezione di potenza” e mandare in soffitta la “self defense force”.
Da ultimo ma ben piantato chiodo, la “ridefinizione della globalizzazione”: il reshoring delle supply chain, anche scontando inflazione, ormai è un processo avviato. Ma ritornando al secolo scorso ciò che colpisce è questa idea che ritorna, queste parole per noi senza senso che i nostri padri pronunciarono parlando delle democrazie occidentali e che oggi sono sulla bocca di Putin e nei pensieri di Xi: queste democrazie effeminate, ricche satolle e decadenti, queste demoplutocrazie vanno rimesse al loro posto dalle virili autocrazie, dal sogno della Terza Roma o dal risveglio dell’Impero di Mezzo. Quanti atroci errori portarono con sé quelle parole e con quali esiti per coloro che le pronunciarono. Se a medesime parole vedessimo stessi esiti, il compito dell’Occidente per il 2023 sarà immane perché un crollo della Russia non sarà una semplice sconfitta in Ucraina ma un terremoto immane per tre Continenti. E a Washington lo hanno capito.
Di Flavio Pasotti
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