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Rafah

Rafah, trattative sotto le bombe

Israele preme su Rafah per ottenere il rilascio degli ostaggi. Altri 34 palestinesi uccisi dai bombardamenti di ieri

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Israele preme su Rafah per ottenere il rilascio degli ostaggi. Altri 34 palestinesi uccisi dai bombardamenti di ieri

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Israele preme su Rafah per ottenere il rilascio degli ostaggi. Altri 34 palestinesi uccisi dai bombardamenti di ieri

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Israele preme su Rafah per ottenere il rilascio degli ostaggi. Altri 34 palestinesi uccisi dai bombardamenti di ieri

Altri 34 palestinesi sono morti a causa dei bombardamenti israeliani sull’area di Rafah – l’ultima città della Striscia di Gaza ancora in mano ad Hamas – secondo il Ministero gazeo della Salute. Un organo certo governato da Hamas, ma che ha dimostrato più volte la sua affidabilità nel computo dei decessi durante ogni scontro fra Israele e Gaza. Queste ultime vittime si uniscono agli altri 34.454 morti e ai 77.643 feriti provocati dalle operazioni che l’esercito di Gerusalemme ha scatenato sulla Striscia. Una guerra – ricordiamo – provocata dall’invasione ingiustificata e illegale del meridione d’Israele da parte di più di tremila miliziani di Hamas, in cui sono stati uccisi 1.143 israeliani (di cui 767 civili, inclusi 36 bambini, e 376 soldati) e ne sono stati feriti altri 3.400.

Il Padam, il Comando militare meridionale d’Israele, è stato quindi incaricato di entrare nella Striscia per liberare i 247 cittadini israeliani presi in ostaggio nell’azione terroristica. L’operazione ha però assunto quasi subito anche l’obiettivo assai ambizioso di estirpare Hamas da Gaza, il territorio che governa dispoticamente dal 2006. A sette mesi dall’inizio delle ostilità, entrambi questi risultati ancora sfuggono: 133 ostaggi rimangono nelle mani di Hamas, asserragliata a Rafah con 4 battaglioni superstiti (“Tel al-Sultan”, “Shaboura”, “Yabna”, “Sharqia”) della sua forza iniziale di 24; la formazione estremista può inoltre contare su altri due battaglioni – “Deir al Balah” e “Nuseirat” – ancora attivi nel centro della Striscia, mentre a marzo ne è stato formato uno nuovo a Khan Yunis (area attualmente sotto il controllo israeliano).

Per Gerusalemme più della metà degli ostaggi non ancora liberati è ormai morta, con le trattative in corso in Egitto che puntano a salvarne una quarantina in cambio della promessa di una tregua duratura nei combattimenti. Pare che i maggiorenti di Hamas lo stiano finalmente valutando con serietà, soprattutto perché l’alternativa a quest’accordo è l’imminente invasione di terra di Rafah da parte dell’esercito israeliano. Un’operazione sanguinosa che la comunità internazionale vorrebbe scongiurare o al limite veder spostata all’indomani dell’evacuazione del milione di profughi presenti in questo ultimo scampolo della Striscia.

I bombardamenti aerei continui condotti da Gerusalemme sono sia parte della preparazione a quest’operazione, sia anch’essi una strategia di pressione. «Gli ordigni vengono sganciati sui bersagli individuati da due intelligenze artificiali: Habsora (“Il Vangelo”, che segnala edifici in cui opererebbero i militanti di Hamas) e Lavender (che invece segnala le singole persone sospette)» spiega Alessandra Russo, dottoranda all’Università Cattolica di Milano specializzata nelle applicazioni militari dell’IA. «Il controllo umano sui bersagli individuati sembra lasci molto a desiderare, con una soglia di tolleranza all’errore estremamente lasca dimostrata dall’uccisione di cinque bambini negli ultimissimi bombardamenti».

Azioni che configurerebbero una condotta sproporzionata e contraria alle norme di guerra, di cui Benjamin Netanyahu potrebbe essere presto chiamato a rispondere in sedi penali internazionali. Persino in un documento trapelato recentemente dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo internazionale si paventa la possibilità che tali bombardamenti costituiscano dei crimini di guerra, lasciando Washington dubbiosa su come aiutare Israele nelle prossime e delicatissime fasi di questa guerra.

di Camillo Bosco

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