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Deridere il nemico per arrendersi a un drone

La pietà degli invasi si riflette nella grottesca compiacenza degli invasori russi

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Deridere il nemico per arrendersi a un drone

La pietà degli invasi si riflette nella grottesca compiacenza degli invasori russi

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Deridere il nemico per arrendersi a un drone

La pietà degli invasi si riflette nella grottesca compiacenza degli invasori russi

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La pietà degli invasi si riflette nella grottesca compiacenza degli invasori russi

Si scompiscia il truce Solov’ëv, accompagnato dal coro di risate complici degli altri ospiti della sua trasmissione televisiva di propaganda sul canale statale russo “Rossija 1”. Uno tra loro, messa la mano piatta al lato della bocca per ottenere una migliore risonanza, emette infatti dalle labbra a culo di gallina una fedele imitazione delle sirene antiaeree di Kyïv e una puerile gaiezza percorre lo studio. Galvanizzato dal cameratismo dei suoi colleghi zetisti, il talentuoso imitatore non ha pensato che di tale sfottò crudele – immemore degli stenti e della paura che gli stessi russi patirono per simili motivi durante la Grande Guerra Patriottica – gli si potrà chiedere conto nel dopoguerra, magari in un’aula di tribunale. La russità purissima che tutti loro si sentono portati a rappresentare per sineddoche sui teleschermi si nutre invece hic et nunc dell’ubriacatura data dalla sua stessa violenza. Irriflessa e tracotante, si autoassolve da qualsiasi critica raddoppiando ogni volta la posta.

Intanto quei russi che quantomeno sgambano tra le trincee per la maggior gloria del Russkij Mir hanno un nuovo modo per arrendersi, appellandosi alla pietà degli invasi e alla loro già dimostrata aderenza alla Terza Convenzione di Ginevra. Da pochi giorni è possibile contattare il consolidato progetto ucraino “Voglio vivere” – numero telefonico +380665803498, se qualche lettore zetista al fronte volesse ravvedersi – per richiedere un “drone da resa”. Per ottenerlo è importante arrivare puntuali al punto comunicato e attendere l’apparizione di un quadricottero, dopodiché alzare le mani. Sarà quindi il drone a guidare il nuovo prigioniero in sicurezza verso le posizioni ucraine e anche se si scaricasse durante il percorso al soldato basterà attenderne uno nuovo in quel punto per continuare la procedura. Una possibilità inedita che permette a entrambe le parti di operare la transizione in sicurezza, quando prima erano costrette giocoforza a rischiosi contatti molto suscettibili di fraintendimenti, incidenti e persino trappole da parte russa (come già accaduto a Makiivka, nell’oblast’ di Luhans’k).

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Sarebbe certo un giorno felice se con questo innovativo incentivo le linee delle Z truppen si assottigliassero fino alla cessazione delle ostilità. Questi mesi di guerra ci hanno però insegnato come essa non sia soltanto la guerra del criminale Putin (e dei suoi turiferari) bensì un’iniziativa revanscista ben condivisa da molti suoi sudditi. Il fascismo zetista va sconfitto sul campo e nell’intervista rilasciata ieri a “The Economist” il comandante in capo dell’esercito del Paese dei Girasoli, il generale Valerij Zalužnyj, ha espresso nero su bianco i numeri che gli servono per farlo. L’esercito giallazzurro è giunto al quarto turno di mobilitazione e ha ora bisogno di 300 carri armati, 700 veicoli di trasporto truppe e 500 pezzi d’artiglieria per muovere le migliaia di uomini mobilitati alla riconquista dei territori perduti dal 2014. Soprattutto, ci avverte, i russi stanno preparando altre 200mila Z truppen per tentare un nuovo raid su Kyïv e il miglior modo di scongiurare un nuovo massacro a Nord è giocare d’anticipo. Foss’anche soltanto per curare l’incontinenza di Solov’ëv e dei suoi compari.

di Camillo Bosco

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