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Starmer e la sfida di governare

Starmer e la sfida di governare: mantenere il Regno Unito stabile in un mondo in cui la Casa Bianca è più vicina al metodo mafioso che alla diplomazia tradizionale

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Starmer e la sfida di governare: mantenere il Regno Unito stabile in un mondo in cui la Casa Bianca è più vicina al metodo mafioso che alla diplomazia tradizionale

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Starmer e la sfida di governare: mantenere il Regno Unito stabile in un mondo in cui la Casa Bianca è più vicina al metodo mafioso che alla diplomazia tradizionale

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Starmer e la sfida di governare: mantenere il Regno Unito stabile in un mondo in cui la Casa Bianca è più vicina al metodo mafioso che alla diplomazia tradizionale

Starmer e la sfida di governare. Londra – Keir Starmer è un politico tradizionale. Il primo ministro britannico crede nel valore delle istituzioni, nei princìpi della politica. Il suo approccio è quello di un uomo di Stato, convinto che il rispetto degli accordi, il dialogo e la stabilità siano la chiave. Ma il mondo in cui si trova a governare è cambiato. Gli Stati Uniti, con Donald Trump, sono in una nuova fase: una sorta di ‘post realpolitik, dove contano le logiche del racket. Non è più solo una questione di pragmatismo. Le regole della politica sono ora sostituite da quelle della criminalità: intimidazioni, umiliazioni ed estorsioni.

Alla guida del Paese che da sempre è il ponte tra Europa e Stati Uniti, Starmer ora è nella posizione più difficile: mantenere il Regno Unito stabile in un mondo in cui la Casa Bianca è più vicina al metodo mafioso che alla diplomazia tradizionale. Un leader di sinistra in un mondo che si spinge sempre più verso l’estrema destra.

Si tratta di una sfida quasi impossibile. Eppure il premier britannico sta dimostrando di essere un leader capace di emergere come una figura di riferimento. A differenza di altri, Starmer ha capito che con Trump il bullismo non si subisce: lo si neutralizza con diplomazia. Il Regno Unito dopotutto non è un alleato che si può scaricare facilmente. Il giorno prima dell’incontro con Zelensky, il vice presidente J. D. Vance aveva provato a mettere in difficoltà anche Starmer, attaccandolo con la retorica della destra: il Regno Unito non avrebbe più libertà di parola. Ma Starmer non si era scomposto: con un sorriso aveva ribattuto con eleganza.

Mentre Giorgia Meloni, leader della destra europea, si sforza di ritagliarsi un ruolo da ponte, è paradossalmente Starmer – un leader di sinistra e fuori dell’Unione Europea – a conquistare la scena. Ora il premier britannico lavora per ricucire lo strappo fra Trump e Zelensky e per unire l’Europa. Ha una posizione di vantaggio: a differenza di Emmanuel Macron, a cui Meloni può chiedere «A che titolo sei andato da Trump?», Starmer grazie alla Brexit (duole ammetterlo) non deve giustificarsi. Il ruolo che Meloni sognava di avere sulla scena internazionale è stato riformulato. Il leader britannico non prevarica, coinvolge. Prima del summit la invita a Downing Street, rafforza il legame e twitta sugli obiettivi comuni per frenare l’immigrazione illegale e mantenere un buon rapporto con Washington, temi che accomunano entrambi.

Diplomazia, pragmatismo e ricuciture. Con Macron, Starmer guida la creazione di un’alleanza di ‘volenterosi’ per una missione di mantenimento della pace in Ucraina da proporre alla Casa Bianca, ma ritaglia anche per Meloni un ruolo nel dialogo. Ha capito che per imporre una direzione comune all’Europa non serve lo scontro. E insiste su un concetto chiave: la pace giusta, con garanzie. La proposta formulata per essere presentata agli Stati Uniti, pone Trump davanti a un bivio cruciale. Ignorarla, con il rischio di alienare definitivamente gli alleati (che però ora hanno una posizione unitaria), oppure ammettere di non poter escludere l’Europa e l’Ucraina. In entrambi i casi, il leader britannico porta il Regno Unito al centro della diplomazia, costringendo gli Stati Uniti a prendere posizione.

Di Alessandra Libutti

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