Trincea
«Il futuro di Kiev è nell’Unione europea». Ursula von der Leyen ha ribadito il destino europeo dell’Ucraina. Un aspetto di sostanza in vista dei nuovi equilibri geopolitici
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«Il futuro di Kiev è nell’Unione europea». Ursula von der Leyen ha ribadito il destino europeo dell’Ucraina. Un aspetto di sostanza in vista dei nuovi equilibri geopolitici
«Il futuro di Kiev è nell’Unione europea». Ancora una volta la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha ribadito il destino europeo dell’Ucraina. Si tratta di un aspetto di sostanza in vista dei nuovi equilibri geopolitici nel Vecchio Continente, dopo l’invasione russa di quel Paese. Ma da solo non basta. Ci sono almeno altri due temi che devono essere affrontati. Il primo: quando finirà – con un negoziato – la trincea della guerra. Il secondo: i rapporti futuri fra la Nato e Kiev, perché l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica non potrà essere valutato e approvato finché durerà il conflitto.
Parliamo dunque di guerra. Le trincee sono tante. Ci sono quelle scavate dai soldati in una battaglia nel cuore dell’Europa, novecentesca per le sue modalità e per come il presidente russo Vladimir Putin l’ha innescata. E poi c’è la trincea politica, attorno a cui le diplomazie dovranno lavorare per un negoziato che metta fine al conflitto. In questa sfida il confine è il leader ucraino Volodymyr Zelensky. È lui che incarna la resistenza del suo popolo all’invasione. È lui che ha presentato i dieci punti ucraini per la pace. È lui che ha scelto un atteggiamento realista ma fermo. È lui che sarà fra i protagonisti del prossimo vertice Nato, l’11 e il 12 luglio. Una data importantissima perché in quell’occasione si valuteranno pure la situazione attuale della guerra e gli spiragli per un negoziato, che l’Occidente non può che concertare con Kiev. Perché se ormai è evidente che i destini dell’Ucraina e dell’Occidente sono legati, è altresì vero che sul futuro non può decidere l’Ucraina da sola (ma con gli alleati). Su quali basi e con quali tempi sono le domande cui dovranno rispondere anzitutto Kiev e poi i leader europei, gli Usa e la Gran Bretagna.
Sul piatto ci sono almeno tre opzioni. Quella che porta avanti il presidente francese Emmanuel Macron, che vuole coinvolgere nei negoziati la Cina, convinto che le pressioni su Putin dell’amico Xi Jinping (se arriveranno) possano muovere la Russia a ragionare. Una scommessa non facile la sua, visti anche i rapporti tesi fra Usa e Cina (subito dopo la visita a Pechino del suo segretario di Stato Antony Blinken, il presidente americano Joe Biden ha ribadito che Xi è un dittatore), ma che ha una sua razionalità politica. Altra opzione è quella che vede gli Stati Uniti (dove l’anno prossimo si andrà al voto per le presidenziali) giocare da protagonisti, in sponda con l’Ue, per arrivare a un negoziato. Vi sarebbe poi una terza opzione, quella di alcuni Paesi africani, ma francamente visti i rapporti di forza che pesano nei destini del mondo a oggi pare la meno praticabile.
Per fermare la guerra di trincea la diplomazia, ovviamente, non basterà. E qui arriviamo al cuore della questione: su quali basi l’Ucraina può accettare di sedersi al tavolo? Non certo partendo dalla rinuncia all’integrità del proprio territorio. È fuori discussione e Kiev lo sottolinea in ogni momento. Una condizione, questa dell’integrità territoriale, che – se vista dal versante dell’invasore russo – significa che Mosca non accetterà nessuna trattativa perché Putin, per uscire dalla guerra e restare al potere, sa di dover salvare la faccia. Per uscire dall’immobilismo diplomatico servono dunque gli Usa e l’Europa. A Vilnius in Lituania, dove si terrà il vertice Nato, vedremo se ci saranno novità in merito. Se la linea Macron d’un coinvolgimento cinese verrà avallata anche dagli Stati Uniti o se Washington, per avviare dei negoziati, deciderà di scommettere su una via americana.
di Massimiliano Lenzi
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