Un dramma nel dramma
In Ucraina c’è anche chi vorrebbe scappare ma non riesce: parliamo di centinaia di transgender, alla ricerca di salvezza ma respinte alla frontiera. Il motivo? I passaporti riportano ancora nome e genere maschili, nonostante il cambio di sesso.
| Esteri
Un dramma nel dramma
In Ucraina c’è anche chi vorrebbe scappare ma non riesce: parliamo di centinaia di transgender, alla ricerca di salvezza ma respinte alla frontiera. Il motivo? I passaporti riportano ancora nome e genere maschili, nonostante il cambio di sesso.
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Un dramma nel dramma
In Ucraina c’è anche chi vorrebbe scappare ma non riesce: parliamo di centinaia di transgender, alla ricerca di salvezza ma respinte alla frontiera. Il motivo? I passaporti riportano ancora nome e genere maschili, nonostante il cambio di sesso.
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In Ucraina c’è anche chi vorrebbe scappare ma non riesce: parliamo di centinaia di transgender, alla ricerca di salvezza ma respinte alla frontiera. Il motivo? I passaporti riportano ancora nome e genere maschili, nonostante il cambio di sesso.
Almeno due milioni di persone sono state costrette a lasciare l’Ucraina per sfuggire alla guerra: queste le cifre comunicate dall’Alto commissario ai rifugiati delle Nazioni Unite, Filippo Grandi, e destinate ad aumentare. Numeri che testimoniano le drammatiche conseguenze dell’invasione del Paese da parte delle truppe di Vladimir Putin. Ma c’è anche chi non riesce a salvarsi dalle bombe del Cremlino. Parliamo di centinaia di transgender, alla ricerca di salvezza ma respinte alla frontiera. Il motivo? I passaporti riportano ancora nome e genere maschili, nonostante il cambio di sesso.
In base alla legge marziale in vigore in Ucraina, i cittadini maschi tra i 18 e i 60 anni non possono trasferirsi all’estero: sono costretti a restare per prestare servizio militare, imbracciare le armi e difendere la patria. La normativa vigente parla chiaro: il divieto di abbandonare il Paese chiama in causa anche uomini trans certificati e donne trans senza documenti aggiornati. «Le guardie ti spogliano e ti toccano ovunque. Puoi vedere sui loro volti che si stanno chiedendo “Cosa sei?”, come se fossi una specie di animale o qualcosa del genere»: questo il drammatico racconto di Judis, trans ucraina, ai microfoni del “Guardian”. La sua è una delle tante storie raccolte in questi giorni dai principali portali internazionali. Secondo le stime delle associazioni Lgbtq+, il 90% delle donne transgender non è riuscito a superare il confine.
In Ucraina sono stati fatti dei grandi passi in avanti nel corso degli ultimi anni, ma restano ancora molte barriere per il mondo trans. La legge consente il cambio di genere e nome solo al termine di un lungo e tortuoso percorso. Nel 2017 è stato abolito l’obbligo di trascorrere un periodo sotto la supervisione di un istituto psichiatrico prima di poter iniziare la transizione ma alcuni scogli restano, come il vincolo di sottoporsi a una visita psichiatrica. Un cammino lento, frenato dalla burocrazia, che ha spinto molte persone a non completare le pratiche del caso e a mantenere i documenti originali.
C’è grande, grandissima paura per l’avanzata delle truppe di Putin, noto per le sue politiche estremamente omofobe. Dalla legge contro la propaganda gay del 2013 al divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso: il Cremlino non ha mai nascosto le sue posizioni. Lo stesso Putin ha recentemente descritto la fluidità di genere come «un crimine contro l’umanità». Le donne trans corrono rischi enormi, come già testato amaramente nei territori occupati della Crimea e del Donbass, ma c’è di più.
Pochi giorni prima dell’invasione, la diplomatica americana Bathsheba Nell Crocker ha inviato una lettera all’Alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani per confermare l’esistenza di una kill list russa, con un’indicazione precisa: nell’elenco di obiettivi da rapire, torturare o uccidere sono compresi attivisti e persone che hanno cambiato sesso.
di Massimo Balsamo
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