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Vladimir, il bomba

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Per Putin l’annessione delle quattro regioni ucraine alla Russia significa poter rispondere alla resistenza ucraina con armi tattiche nucleari.

Vladimir, il bomba

Per Putin l’annessione delle quattro regioni ucraine alla Russia significa poter rispondere alla resistenza ucraina con armi tattiche nucleari.
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Vladimir, il bomba

Per Putin l’annessione delle quattro regioni ucraine alla Russia significa poter rispondere alla resistenza ucraina con armi tattiche nucleari.
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Putin ha parlato. Un discorso retorico e inutile per il mondo libero perché prevedibile già da diversi giorni. Una celebrazione farsesca per annunciare l’annessione alla Russia delle quattro regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia. Una messa pubblica nel tentativo di far dimenticare al popolo russo che la guerra non è finita e affatto vinta, che l’arruolamento continua e che l’economia soffre. Quanto sia fasulla la messa in scena lo rivelano le stesse contraddizioni russe, una delle quali è emersa evidente dalle parole del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, poche ore prima del discorso di Putin: la Russia «deve chiarire» i confini delle regioni ucraine di Kherson e Zaporizhzhia, che verranno annesse con la firma a Mosca dei relativi trattati, insieme a quelle di Donetsk e Lugansk. Della serie: i confini dell’annessione ancora non son chiari; un escamotage tragicomico visto che in quelle terre gli ucraini combattono ancora, eccome. Una distrazione di massa a chiacchiere che non cambia d’una virgola la domanda essenziale sull’invasione russa e sul futuro del conflitto: ora cosa accadrà? La prima conseguenza della proclamazione dell’annessione è stata annunciata ieri dall’agenzia “Tass” con un comunicato del Cremlino, prima ancora (pure stavolta) che Putin tenesse il suo intervento: la Russia considererà gli attacchi ai nuovi territori come un atto d’aggressione nei suoi confronti. Nella dottrina Putin questo significa che per rispondere alla resistenza ucraina Mosca potrà usare anche armi tattiche nucleari, il cui impiego è appunto previsto in caso d’attacchi al territorio russo. Compiuta l’annessione, il dubbio riguarda dunque (ed è questo il cambiamento tragico con cui l’Ucraina, la diplomazia internazionale e il mondo libero d’ora in poi dovranno fare i conti) fino a che punto l’Anschluss di Putin potrà diventare il detonatore d’una deriva ancor più folle di una guerra d’invasione e d’un leader in crisi, impantanatosi in un conflitto che credeva lampo. Visto il personaggio è impossibile prevederlo. Ieri nella cartapesta dell’annuncio sulle terre irredente del Donbass «per sempre russe» Putin ha pure detto agli ucraini di cessare il fuoco, che Mosca è pronta a negoziare. Su cosa? Come? Su una nazione libera, l’Ucraina, e da amputare? Da che pulpito giunge l’ulivo! Davanti a tal profeta (di sventure) il mondo libero e i Paesi che non vogliono una Terza guerra mondiale battano un colpo. A cominciar dalla Cina. La diplomazia è fatta anche di fermezza. Di Massimiliano Lenzi

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