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Voterà un’America inquieta e lacerata

Lacerata e in crisi interna, è messa a dura prova anche nel mantenere la leadership tra i Paesi con i quali condivide i valori di democrazia. L’appuntamento elettorale – decisivo – preoccupa per le reazioni del post voto

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Voterà un’America inquieta e lacerata

Lacerata e in crisi interna, è messa a dura prova anche nel mantenere la leadership tra i Paesi con i quali condivide i valori di democrazia. L’appuntamento elettorale – decisivo – preoccupa per le reazioni del post voto

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Voterà un’America inquieta e lacerata

Lacerata e in crisi interna, è messa a dura prova anche nel mantenere la leadership tra i Paesi con i quali condivide i valori di democrazia. L’appuntamento elettorale – decisivo – preoccupa per le reazioni del post voto

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Lacerata e in crisi interna, è messa a dura prova anche nel mantenere la leadership tra i Paesi con i quali condivide i valori di democrazia. L’appuntamento elettorale – decisivo – preoccupa per le reazioni del post voto

Due volte in due mesi. È forse ciò che colpisce di più nel tentativo di colpire Donald Trump, avvenuto di nuovo. Questa volta il presunto attentatore non è riuscito neppure a esplodere un colpo, perché è stato intercettato prima dagli uomini del Security ServiceMa quanto accaduto è indice di un’America profondamente lacerata e percorsa dall’odio, dai risentimento e dalla facilità di ricorso alla violenza. 

La storia degli Usa è percorsa da casi di attentati a Presidenti o ex Presidenti, a volte anche tristemente riusciti come per JFK. Secondo un rapporto del Congressional Research Service, ce ne sono stati ben 15, 5 dei quali andati a segno, che hanno preso di mira 13 volte gli inquilini della Casa Bianca. Almeno 7 degli ultimi 9 Presidenti sono stati oggetto di attentati: da Gerald R. Ford(due volte nel 1975) a Ronald W. Reagan (miracolosamente sopravvissuto nel 1981), passando per Bill Clinton (con l’attacco alla White House del 1994) fino a George W. Bush (oggetto del lancio di un’arma da fuoco). Si tratta di casi noti, ma c’è chi ha parlato anche di un tentativo di colpire anche l’ex Presidente Barack Obama, oltre che lo stesso Trump, in passato, e Biden. Ma il report si fermava al 2008. Da allora ad oggi, l’America è più la stessa, come testimonia l’ultimo caso in ordine di tempo, al Golf Club di Trump di West Palm Beach, in Florida. 

E quanto accaduto nelle scorse ore è destinato a lasciare il segno, forse ancor più dell’attentato in Pennsylvania del 13 luglio scorso, nonostante in quella occasione il candidato repubblicano sia rimasto leggermente ferito. Perché è indice di una spaccatura che inevitabilmente sarà restituita anche dal voto presidenziale del 5 novembre. 

Se la Vice Presidente Kamala Harris, in corsa per i democratici, non ha tardato a far arrivare il proprio messaggio di solidarietà a Trump, quest’ultimo ha commentato con uno sprezzante e battagliero – come nel suo stile – affermando che la sua “determinazione è ancora più forte dopo un altro tentativo di omicidio”. “Niente mi rallenterà. Non mi arrenderò mai – ha aggiunto – Vi amerò sempre per il vostro sostegno”. Ora la domanda più ricorrente riguarda chi potrebbe avvantaggiarsi di quanto accaduto, ai fini elettorali. Se in molti sottolineano l’opportunità di Trump di poter rafforzare la propria immagine di “eroe” sopravvissuto all’odio e alla violenza nei suoi confronti, c’è anche chi invece ritiene che proprio questo secondo attentato ravvicinato possa essere visto come una “forzatura” per agevolare lo stesso Trump nella corsa alla Casa Bianca o come il frutto di una campagna elettorale segnata da toni aspri ai quali ha contribuito lo stesso ex Presidente. 

In questo contesto è arrivato anche il commento di Elon Musk, ormai apertamente supporter di The Donald, che ha osservato come “Nessuno sta cercando di assassinare Biden/Kamala”, come a dire che l’unico personaggio scomodo al momento è rappresentato proprio da Trump. A fare da contraltare sono, invece, le parole del sindaco di Springfield, la cittadina dell’Ohio finita al centro delle attenzioni dopo l’accusa di Trump (e prima di lui del suo candidato vice, JD Vance) nei confronti di un gruppo di migranti, di aver mangiato gatti e cani. Per Rob Rue, intervenuto sulla CNN, questo ennesimo episodio “dovrebbe essere utile a far capire ai politici il peso delle loro parole”. 

Non manca, però, chi guarda anche all’estero per giustificare il gesto del presunto attentatore della Florida. Il contesto internazionale e il conflitto in Ucraina potrebbero aver influenzato Ryan Wesley Routh, che in passato aveva dichiarato di voler combattere per Kiev. Di certo a pesare è la fedina penale del 58enne, originario del North Carolina e poi trasferito alle Hawaii. Già fermato per possesso di droga, guida senza patente, revisione scaduta e guida di un veicolo senza assicurazione, secondo il Greensboro News & Record nel 2002 Routh era finito in manette dopo essersi barricato all’interno di un’attività commerciale della località, perché scoperto in possesso di una mitragliatrice.

A prescindere dall’esito di questo episodio, su cui continuano ad indagare l’FBI e le autorità locali, resta la considerazione che, ancora una volta, il dibattito sulle armi potrebbe entrare negli ultimi scampoli di campagna elettorale. Un tema già sfiorato nei giorni scorsi, quando lo stesso Donald Trump aveva sottolineato l’ammissione di Kamala Harris di possedere una pistola. La facilità di acquisto, quando si tratta di armi automatiche, rimane un nodo scoperto, anche se nel caso del presunto attentatore della Florida, Routh sarebbe entrato in possesso del fucile “del tipo AK 47” in modo illegale. Secondo quanto dichiarato al Washington Post da N.R. Jenzen-Jones, direttore di consulenza presso l’Armament Research Services, in realtà l’uomo sarebbe stato in possesso di unSKS, disponibile presso negozi specializzati di armi e non, dal costo relativamente contenuto. Molto simile al kalashnikov, permetterebbe di colpire a distanza, proprio come nel caso del golf club dove si trovava Trump domenica. 

Col passare delle ore potrebbero emergere nuovi particolari, ma quel che resta è il ritratto di un’America che, mentre si candida a continuare ad essere portatrice di valori e ideali di democrazia e ordine, vive al proprio interno una profonda crisi, che si è evidenziata anche nella crisi di leadership internazionale che in molti ravvedono e che in Europa viene vissuta con apprensione, dal momento che il Vecchio Continente condivide proprio quello stesso impianto valoriale e geopolitico di cui gli Usa sono stati a lungo un faro.

di Eleonora Lorusso

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