AUTORE: Maurizio Delli Santi
Gli scenari sono inquietanti. L’attacco di Mosca non si è limitato alle regioni di Donetsk e Lugansk: minaccia Kiev, dove la popolazione civile è già in fuga, e altri importanti centri dell’Ucraina. Per molti analisti potrebbe essere solo l’inizio.
Sfruttando le debolezze dell’Occidente, Putin potrebbe dare sfogo al suo disegno imperiale per riaffermare, anche con gli strumenti della guerra ibrida permanente, l’egemonia russa nell’area dell’Europa orientale e dell’Asia centrale. E potrebbe anche guardare oltre, grazie anche al sostegno di vari simpatizzanti filo-russi che si aggirano in Europa e non solo. Tra questi si insinuano persino gli ‘esperti’ che declinano il mainstream dell’antiamericanismo e delle accuse alla imprudente espansione della Nato, dimenticando quanto a essa si debba per le nostre sicurezza e libertà.
Si pontifica anche che le sanzioni economiche adottate sortiranno effetti controproducenti per l’Europa e risulteranno poco deterrenti sulla propensione all’acting out di Putin. C’è stato invece già un primo riscontro sulla preoccupazione dello stesso presidente russo.
Ieri ha sentito il bisogno di convocare un inusuale incontro con i suoi principali oligarchi e imprenditori, seriamente preoccupati per gli affari e gli investimenti all’estero, per spiegare loro di essere stato ‘costretto’ all’intervento in Ucraina. E anche se Biden ha detto che non vuole «una Terza guerra mondiale» e la Nato finora ha deliberato solo una mobilitazione all’interno dei propri confini, Putin è ben consapevole di un altro rischio. Se si spinge oltre, sulla base del “nuovo concetto strategico” del Consiglio Atlantico esiste la possibilità del ricorso alle “non-Article 5 crisis reponse operations”, la previsione che consente alla Nato di intervenire anche ‘fuori area’.
In ogni caso, l’Europa e gli Stati Uniti dovranno insistere sulla immediata cessazione delle ostilità attraverso ogni iniziativa diplomatica, facendo appello ai valori dell’unità euroatlantica e rivolgendosi anche a un fronte più esteso di sostegno internazionale. Occorre una visione geopolitica più ampia e inclusiva degli interessi posti in gioco anche per altri attori internazionali.
In particolare in Africa e Medio Oriente sono molti i dossier aperti: dalla soluzione istituzionale per la Libia alla sicurezza del Sahel, dai negoziati sul nucleare con l’Iran agli aiuti all’Afghanistan, per non parlare delle richieste sui vaccini di India e Sudafrica. Per tutti sarà necessario non trascurare la cooperazione, dando priorità al Mediterraneo e alle altre aree da cui potrà provenire il sostegno energetico. Ma soprattutto occorrerà ricercare il consenso internazionale sulle proprie azioni.
È vero che la Russia esercita il potere di veto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e questo rappresenta un ostacolo all’affermazione del diritto internazionale. Ma al tempo stesso possono avere un peso le sanzioni e il consenso della maggioranza dei 193 Paesi partecipanti all’Assemblea generale dell’Onu.
Bisogna poi guardare anche ai fianchi della Russia, puntando con le necessarie cautele a riavvicinare Cina e Turchia. Queste sembrano avere assunto una posizione equidistante, ma molto attenta al principio di tutela della sovranità territoriale – perché un giorno potrebbe riguardare anche loro – e agli interscambi commerciali che intrattengono con l’Ucraina. La storia di questi Paesi e dei loro rapporti con la Russia ci riporta alle faglie di frizione geopolitica che ancora oggi si replicano per la non facile coesistenza delle rispettive ambizioni.
di Maurizio Delli Santi
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- Tag: esteri
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