La colpevole strage dei giovani militari russi
L’ecatombe spinge alla disperazione l’esercito russo.
La colpevole strage dei giovani militari russi
L’ecatombe spinge alla disperazione l’esercito russo.
La colpevole strage dei giovani militari russi
L’ecatombe spinge alla disperazione l’esercito russo.
L’ecatombe spinge alla disperazione l’esercito russo.
Un ponte ferroviario del distretto di Shebenkinksy, situato nell’oblast di Belgorod già famoso per il riuscito attacco aereo di Kyiv ai depositi di benzina dell’esercito russo, è stato pesantemente danneggiato da un’esplosione. I binari si trovano a soli 7 chilometri dal confine ucraino e da giorni erano usati intensamente per movimentare le malconce truppe dei generali Chaiko e Zhuravlyov verso il fronte Est dove il loro collega Dvornikov, fresco di nomina come comandante supremo dell’operazione “Z”, cerca di conquistare la regione del Donbass.
Il sabotaggio segue la scia dei numerosi atti partigiani già compiuti dai cittadini bielorussi, decisi a vendicare l’uso mercenario a cui il dittatore Lukashenka ha ridotto il territorio del loro Paese e che sono riusciti nelle settimane scorse a scompaginare la già precaria logistica dell’esercito del Cremlino. Questa volta si tratta più probabilmente dell’operazione di un commando ucraino che ha così, con una gita notturna, tagliato un’arteria indispensabile per il trasporto di quei mezzi pesanti superstiti che stanno cominciando a scarseggiare persino nelle supposte vaste riserve russe.
Dopo 49 giorni di guerra le perdite dell’esercito ora guidato da Dvornikov si contano, secondo le stime del Ministero della Difesa ucraino, in quasi 20mila soldati uccisi, a cui va sommato un fisiologico numero doppio di incapacitati tra feriti (con nota di merito a quel geniale milite che, mentre occupava Chernobyl, ha toccato a mani nude una barra radioattiva di cobalto-60), disertori e prigionieri. Facendo un po’ di matematica scopriamo quindi che dei pressappoco 200mila uomini che questo febbraio assediavano il Paese dei Girasoli ne rimarrebbero circa 140mila, vistosamente mal equipaggiati e comprensibilmente demoralizzati. Per queste stime ci possiamo basare solo sugli abachi di Zelensky poiché purtroppo il Ministero della Difesa russo si è mostrato alquanto reticente nel comunicare le proprie perdite, mentre dopo qualche giorno di timidezza ha distribuito con generosità quelle ucraine secondo numeri che grottescamente arrivano sino al 110% degli equipaggiamenti di cui Kyiv disponeva anteguerra.
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Tralasciando allora le spacconate disperate di Mosca, se anche i numeri ucraini fossero gonfiati di qualche migliaio a scopi propagandistici si tratterebbe comunque di perdite tra il 20 e il 30% degli effettivi: in pratica la quota delle vittime nella battaglia della Somme – una delle più sanguinose della Prima guerra mondiale, durata cinque mesi – condensate però in un mese e mezzo scarso. Tali ritmi di mortalità, in un lasso di tempo tanto breve, non sono sostenibili per nessun esercito e hanno sicuramente contribuito al collasso del fronte russo d’attacco su Kyiv, mentre rendono faticosa e forse persino dubbia la presa di Mariupol.
Si inserisce in questo difficile contesto dunque l’inquietante proposta di Eduard Basurin, portavoce del Comando militare delle forze collaborazioniste del criminale Putin, di impiegare armi chimiche «per stanare i ratti» dall’acciaieria Azovstal: una proposta ritrattata immediatamente dopo la diffusione della notizia di un attacco simile in quella stessa area. Che questo venga confermato o meno, è indispensabile che la comunità internazionale rimanga vigile per impedire che un esercito disperato e sulla via della sconfitta compia nuove atrocità.
di Camillo Bosco
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