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Yeman Crippa

Yeman Crippa a Venezia: “Abbiamo tutto e pensiamo di non aver nulla”

Yeman Crippa è un ragazzo che fa della semplicità, unita a una volontà ferrea, la sua cifra e la sua forza.

Yeman Crippa a Venezia: “Abbiamo tutto e pensiamo di non aver nulla”

Yeman Crippa è un ragazzo che fa della semplicità, unita a una volontà ferrea, la sua cifra e la sua forza.

Yeman Crippa a Venezia: “Abbiamo tutto e pensiamo di non aver nulla”

Yeman Crippa è un ragazzo che fa della semplicità, unita a una volontà ferrea, la sua cifra e la sua forza.
Yeman Crippa è un ragazzo che fa della semplicità, unita a una volontà ferrea, la sua cifra e la sua forza.

Parliamo delle Olimpiadi di Parigi del 2024 e Yeman chiude gli occhi, si appoggia allo schienale della poltrona e… non è più con noi, all’Hotel Excelsior del Lido per “Voci e storie a Venezia”, la rassegna organizzata da “La Ragione”. È a Parigi, nell’ultimo giro della maratona dei Giochi ed è solo, mentre lo stadio impazzisce. «Mi hai chiesto cosa sogno e cosa sogno in particolare della maratona olimpica» risponde il neo campione europeo dei 10mila metri. «Bene, io sogno esattamente questo: di entrare da solo in quello stadio e vincere l’oro. So perfettamente che per tentare quest’impresa devo innanzitutto capire se la maratona faccia realmente per me ai massimi livelli mondiali. Sfrutterò il 2023 per misurarmi sulla maratona e studiare i tempi che sono in grado di fare, dopo gli ottimi risultati nella “mezza”. Solo se mi renderò conto, con i miei tecnici, di poter competere ai massimi livelli punterò tutto sulla maratona alle Olimpiadi».

Yeman (il nome completo è Yemanebheran) Crippa è un ragazzo che fa della semplicità, unita a una volontà ferrea, la sua cifra e la sua forza. Quando gli chiediamo cosa preferisca, se i 10mila che lo hanno reso appena popolare agli Europei o i 42 km della gara più antica, non ha dubbi: «La maratona». È anche lucido e onesto, però, nell’aggiungere che la sua scelta ha una componente sicuramente romantica, legata al fascino della gara delle gare, ma anche di sano realismo: «A livello mondiale e quindi olimpico, in tutta franchezza, credo ci siano meno spazi che mi consentano di emergere ai massimi livelli sui 10mila. Insomma di puntare all’oro, mentre credo che la maratona mi offra più opportunità».

Del resto, Yeman è abituato sin dalla più tenera età a fare conti molto severi con la vita e la realtà di tutti i giorni. «Ho vissuto in Etiopia fino ai miei sei anni e ricordo molto bene il nulla che mi circondava ma anche i sorrisi eterni dei bambini. Nella mia terra d’origine tutti i bimbi escono la mattina di casa, cominciano a correre e a giocare a nascondino, per tornare solo alla sera. Di loro ricordo la felicità». Questo è un passaggio di grande valore, quando ci si avvicina a Crippa, perché con assoluta naturalezza ti dice subito dopo: «Ogni tanto torno alla mia memoria di bambino e alle mie sensazioni di allora e sto bene. È oggi che ho tutto che tante volte mi sembra mi manchi qualcosa». Colpisce la naturalezza con cui un ragazzo cresciuto nel nostro mondo ricco e agiato, grazie all’adozione della sua nuova famiglia italiana (milanese, ma poi trasferitasi in Trentino) ricordi a tutti noi quanto siamo fortunati. Altro che la retorica della miseria tanto cara a chi dell’Italia si affanna sempre a descrivere un’inesistente realtà di fallimento e povertà. «Prendo l’impegno a ricordarlo ai ragazzi, quando andrò nelle scuole – continua il fondista azzurro – perché noi abbiamo veramente tutto e anche di più. Nel mio Trentino chiunque voglia fare attività fisica e vivere in modo salutare ha a disposizione qualsiasi tipo di struttura pubblica. Nell’Etiopia da cui provengo non posso neppure tornare per allenarmi, perché non c’è un singolo centro di livello professionale. Quando voglio correre in altura sono costretto ad andare in Kenya, anche se mi manca la mia terra d’origine e comincio a far fatica anche a ricordare la lingua che ho parlato da bambino».

Ottima lezione, nella sua semplicità. Come quella che impartisce quando dichiara tutta la sua insofferenza alla scontata e inevitabile domanda sul razzismo. «Io, come ho sempre detto, non ho mai subìto nulla che possa configurarsi come atteggiamento razzista o peggio. Ovviamente conosco questa realtà, ma non mi piace quando tutta un’intervista dà la sensazione di essere costruita ad arte per farmi dire qualcosa a effetto. Per cercare il titolo».

Corri veloce, Yeman, corri per te, per noi e per lasciar dietro chi non capirà mai cosa significhi sognare un ultimo giro in uno stadio che ruggisce per te.

di Marco Sallustro

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