Angela Baraldi: “Mi sono permessa il lusso di seguire il mio tempo”
Intervista ad Angela Baraldi sulla genesi di “3021”, il suo nuovo album, sui prossimi live e sull’omaggio a Lucio Dalla in “Cosmonauti”

Angela Baraldi: “Mi sono permessa il lusso di seguire il mio tempo”
Intervista ad Angela Baraldi sulla genesi di “3021”, il suo nuovo album, sui prossimi live e sull’omaggio a Lucio Dalla in “Cosmonauti”
Angela Baraldi: “Mi sono permessa il lusso di seguire il mio tempo”
Intervista ad Angela Baraldi sulla genesi di “3021”, il suo nuovo album, sui prossimi live e sull’omaggio a Lucio Dalla in “Cosmonauti”
È disponibile in digitale, CD e vinile “3021”, il nuovo album di Angela Baraldi, artista dall’anima inquieta e magnetica. Un lavoro che segna un ritorno carico di visione e intensità, dopo anni di silenzio, frutto di un lungo percorso creativo. Il disco, prodotto da Caravan, l’etichetta discografica di Francesco De Gregori, contiene otto brani scritti da Angela e composti insieme a Federico Fantuz. Mentre gli arrangiamenti musicali si lasciano ispirare da atmosfere spaziali, quasi cosmiche, i testi cercano l’essenziale, esplorando sentimenti e sensazioni umane con un lirismo diretto e profondo.
Angela porterà i brani di “3021” in tour con “3021 LIVE”, che farà tappa questa estate in diverse località dello stivale. Le abbiamo chiesto da dove è nato tutto, come si è generato questo disco così personale e fuori dagli schemi.

Angela, come nasce “3021”?
Abbiamo cominciato a registrarlo a Pisa, nel 2022, senza avere ancora un’idea precisa della sua essenza. Era un progetto senza etichetta, senza rete di protezione. Noi abbiamo iniziato così, in maniera molto libera. Poi, quando eravamo arrivati a tre quarti della sua gestazione, è arrivata Caravan che ha creduto nel progetto, e da lì abbiamo potuto finirlo. C’è voluto del tempo, quasi due anni, ma perché ho voluto lavorare con delle tempistiche mie. Mi sono permessa un lusso, diciamo.
Faccio molta fatica a parlare delle canzoni a livello teorico, perché non è il mio modo di viverle. Durante la registrazione ho seguito il flusso creativo, senza impormi uno schema. Non ho pensato: “Ora faccio un disco così o cosà”. Le canzoni sono venute fuori man mano, spontaneamente. Ho lasciato che prendessero forma strada facendo
A un certo punto, nel percorso di lavorazione, è arrivata Caravan, l’etichetta di De Gregori. Come hai vissuto questo passaggio?
Non immaginavo di trovare un’etichetta che potesse spingermi con tanta convinzione, come ha fatto Caravan. Pensavo che questo disco sarebbe finito in mano a una realtà indipendente, piccola, e infatti ho lavorato con grande libertà, senza chiedermi se avrebbe funzionato o meno. Non mi sono posta il problema del risultato. E proprio per questo, quello che è successo è stato per me davvero inaspettato. Una sorpresa bellissima. Non credo che avrei fatto un disco diverso, nemmeno se l’avessi saputo in anticipo, ma sapere che qualcuno ha creduto così tanto nel progetto ha sicuramente dato un’energia in più al tutto.
Un approccio alla scrittura un po’ d’altri tempi…
Sì, sicuramente e può essere che a De Gregori sia piaciuto proprio l’approccio. So che gli sono piaciuti molto i provini, già in quella fase iniziale. In effetti, nella mia testa il disco non doveva necessariamente suonare così, così “alla vecchia maniera”, diciamo.
Però è successo anche grazie ad Alessandro Sportelli, che ha registrato e seguito tutto il processo con un metodo che io adoro: lui mixa mentre stai ancora registrando. È un approccio molto raro oggi, non è affatto scontato. Ed è proprio come si faceva una volta. C’è un’energia diversa, più diretta, più viva. E credo che questa autenticità, questo modo un po’ artigianale di lavorare, sia arrivato anche a chi ha poi deciso di credere nel progetto

Che poi è un approccio anche più affine alla dimensione live. Nel portare “3021” dal disco al live, che tipo di approccio hai scelto? Hai pensato fin da subito a come sarebbe stato sul palco?
Sì, ma anche come fruitrice, come spettatrice, io amo molto gli artisti che dal vivo si spingono oltre quello che hanno fatto sul disco. Quelli che premiano il pubblico con qualcosa in più, con un’esperienza diversa.
Non volevo portare in tour una semplice copia del disco, ecco. Però allo stesso tempo volevo che il disco avesse già dentro di sé la possibilità di svilupparsi dal vivo, di crescere su un palco, senza però tradire il suo suono originario. C’è un equilibrio delicato tra rispetto per ciò che hai inciso e libertà di reinterpretarlo, e credo che questo disco, proprio per come è nato e stato costruito, si presti bene a questo tipo di trasformazione.
Ho fatto di tutto perché i musicisti che sarebbero saliti sul palco fossero gli stessi che hanno registrato il disco. E per la prima volta ce l’ho fatta, sono molto contenta.
Mi sento fortunata, perché non solo sono tecnicamente molto bravi, ma sono anche “dentro” il disco, nel senso più profondo. Quando salgono sul palco, portano con sé non solo la musica, ma anche l’energia creativa che ha dato vita al lavoro in studio. È un bellissimo assetto e sono davvero soddisfatta della formazione che porterò in tour
Un po’ la situazione ideale per un concerto
È decisamente la situazione ideale. È un po’ come viaggiare su una barca a vela costruita dalla stessa ciurma che poi la governa: conosce ogni meandro, ogni dettaglio, sa esattamente come muoversi. O, se preferisci, come volare su un aereo guidato da chi l’ha progettato.
Questo disco l’ho concepito proprio così, come un mezzo per viaggiare. Un’occasione per andare in giro, suonare, portarlo dal vivo. Speriamo davvero che questo viaggio continui e ci porti lontano.
Tornando al disco, come mai la scelta di questo titolo così criptico?
Abbiamo parlato tantissimo del titolo. La sua scelta è stata, paradossalmente, più complicata della realizzazione del disco stesso. Tutti i titoli che mi venivano in mente all’inizio avevano un sapore troppo cantautorale, troppo “classico”. Cose tipo “Otello sulla Luna”, per intenderci. Non mi restituivano la suggestione che cercavo.
Alla fine “3021” è arrivato come un lampo e ci ha colpito subito. È una data talmente lontana da creare quasi un senso di ansia, almeno per me. È un futuro difficile da immaginare, che ti costringe a uno sforzo mentale, quasi a un salto nel vuoto. E proprio per questo è stimolante.
È un numero, è una data, ma anche un simbolo. Un punto indefinito nel tempo che apre scenari. E siccome il disco parla molto di pianeti, di spazio, di galassie, di profondità interiori e cosmiche, “3021” ci è sembrato il titolo giusto. Alla fine abbiamo deciso che ci piaceva. Suonava bene, e conteneva in sé tutto quel mistero che stavamo cercando

In “Cosmonauti” è nascosto un bellissimo omaggio a Lucio Dalla…
Quella canzone è forse la prima che è nata, tra tutte. È la descrizione di un sogno che ho fatto tre mesi dopo la morte di Lucio e mi ha colpita profondamente. Quel sogno mi ha tolto il dolore della perdita. Mi ha parlato come lui parlava a me, con quel tono tutto suo, rassicurante e poetico.
Con Lucio ci era capitato, durante la nostra amicizia, di perdere un amico in comune. E quindi avevamo parlato della morte. Lui aveva questa visione cinematografica dell’esistenza: diceva che la vita sulla terra era solo il primo tempo di un film. Io però gli rispondevo sempre: “Sì, ma se ti chiamo e tu non ci sei più, non mi risponderai al telefono”. E lui mi disse: “No, invece potrai sentirmi… senza bisogno del telefono”. Una frase che mi fece sorridere, ma a cui non riuscivo a credere del tutto.
Invece in quel sogno lui mi ha parlato. Mi ha parlato della paura, del coraggio, dell’essere. E quando mi sono svegliata, stavo meglio di prima. Mi sono detta: “Forse ha ragione. Forse continuiamo a comunicare anche dopo”.
Lucio aveva una visione miracolosa della vita. Credeva tantissimo nelle cose invisibili, pur essendo un uomo molto concreto. Pensava che ci fosse una dimensione parallela, non materiale, forse persino più bella e più importante di questa. Dopo quel sogno, ho scritto la canzone di getto. All’inizio non volevo fare il suo nome, volevo lasciarla aperta, evocativa. Ma alla fine è stato irresistibile mettere quel ‘a modo mio’, perché ci stava perfettamente.
Nel disco c’è tanto spazio, universo, ma anche un ritratto dettagliato di molta umanità
Mi fa piacere che tu abbia percepito questa umanità, perché c’è davvero un aspetto terapeutico in questo mestiere. Ci sono canzoni che scrivi senza sapere se finiranno mai su un disco: le scrivi perché ti sei svegliata in un certo modo, con un certo stato d’animo. È come tenere un diario, ma invece di scrivere una pagina, scrivi una canzone. E quella canzone, a volte, ti fa passare una bella giornata. Ti cambia l’umore. Parlo proprio di chi scrive senza pensare a un pubblico: in quel momento stai scrivendo per te, per attraversare quella giornata.
Per esempio “Cuore elettrico” l’ho scritta in due minuti. Ero arrabbiata. Non avrei mai pensato che sarebbe finita sul disco. Ho usato un linguaggio libero, divertito, senza filtri. E alla fine della giornata stavo meglio di come mi ero svegliata. È questo che intendo: la scrittura può avere un ruolo catartico, ti serve, ti aiuta a sfogarti. Poi certo, arriva il momento in cui entra in gioco chi ti produce, chi ti dice “questa funziona”, “questa no”. Ma quando la scrivi, non devi giudicare quello che stai facendo. Devi solo scriverla. È importante non farsi bloccare dal giudizio.
C’è chi ha il dono di riconoscere subito cosa vale. Io ce l’ho fino a un certo punto. So quando una canzone mi ha aiutata a esprimere qualcosa, ma non riesco a dire con certezza se è una “buona canzone” per il pubblico. Lucio (Dalla ndr) invece aveva questa chiarezza. Scriveva per la gente, e sapeva quando aveva scritto un gran pezzo. Era lucido, concreto, con una visione miracolosa della vita e della scrittura.
Francesco (De Gregori ndr), invece, secondo me scrive più per sé. Ha un linguaggio più criptico, soprattutto da giovane, anche se col tempo è cambiato. Ma entrambi sono due maestri, due giganti, con approcci diversissimi. Ecco, non esiste un metodo giusto o sbagliato. Ma posso dire che, per tutti quelli che scrivono, in fondo c’è sempre un bisogno. Un’inquietudine, qualcosa che spinge. Scrivere nasce quasi sempre da lì. Non dalla gioia pura.
La gioia la puoi scrivere dopo, magari, quando l’hai attraversata. Ma all’origine c’è quasi sempre un disagio, piccolo o grande. Scrivere diventa una cura
Questo il calendario con le prossime date del tour “3021 LIVE”
– 20 giugno – BIBBONA (Livorno) – nell’ambito di Bibbona Folk
– 24 luglio – GENOVA – Villa Bombrini – nell’ambito di Lilith Festival
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- Tag: musica, Musica italiana
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