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Invito a perdersi per ritrovarsi, parla il cantautore Marco Ligabue

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A cinque anni dall’ultimo progetto discografico, Marco Ligabue torna con un disco pensato come una mappa emotiva: “M.A.P.S. – Manuale Alternativo Per Sentire”

Marco Ligabue

Invito a perdersi per ritrovarsi, parla il cantautore Marco Ligabue

A cinque anni dall’ultimo progetto discografico, Marco Ligabue torna con un disco pensato come una mappa emotiva: “M.A.P.S. – Manuale Alternativo Per Sentire”

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Invito a perdersi per ritrovarsi, parla il cantautore Marco Ligabue

A cinque anni dall’ultimo progetto discografico, Marco Ligabue torna con un disco pensato come una mappa emotiva: “M.A.P.S. – Manuale Alternativo Per Sentire”

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Ci sono dischi che nascono in studio e altri che prendono forma molto prima, lungo le strade, tra una telefonata e un palco, dentro conversazioni rimandate e canzoni che aspettano il momento giusto per essere dette. “M.A.P.S. – Manuale Alternativo Per Sentire”, il nuovo album di Marco Ligabue (fratello minore del più celebre Luciano), appartiene decisamente a questa seconda categoria. È un lavoro che arriva da lontano, sedimentato nel tempo, cresciuto tra concerti, chilometri e riflessioni, lontano da qualsiasi urgenza produttiva.

A cinque anni dall’ultimo progetto discografico, Ligabue torna con un disco pensato come una mappa emotiva: non un manuale che spiega ma uno strumento che suggerisce, accompagna, invita a perdersi per ritrovarsi. Un’idea che parte già dal titolo, come racconta lui stesso: «Mi piaceva anche l’idea dell’acronimo, perché oggi ci sono istruzioni e tutorial per tutto. Questo invece è un manuale che non spiega cosa fare, ma ti dice: fermati e senti. Prenditi il tempo di ascoltare quello che succede dentro questo disco».

Un lavoro che Marco Ligabue non nasconde di aver vissuto con un coinvolgimento profondo

Un lavoro che Marco Ligabue non nasconde di aver vissuto con un coinvolgimento profondo, soprattutto nel momento in cui ha potuto finalmente tenerlo fra le mani: «In quei momenti mi sento ancora come un bambino davanti a un cesto di caramelle. Sono cresciuto andando nei negozi di dischi: aprire un vinile per me era entrare in un mondo nuovo. Quando ho preso in mano il mio “M.A.P.S.” mi sono emozionato come quando comprai “Born in the Usa” o “The Joshua Tree”. Oggi un disco deve avere un senso profondo per uscire. E questo per me ce l’ha».

Diviso in lato A e lato B, esattamente come i dischi di una volta, “M.A.P.S. – Manuale Alternativo Per Sentire” si muove lungo due geografie ben definite

Diviso in lato A e lato B, esattamente come i dischi di una volta, “M.A.P.S.” si muove lungo due geografie ben definite. Da una parte quella esterna, fatta di elementi primordiali e di mondo reale; dall’altra quella interiore, più fragile e nascosta, dove abitano ricordi, domande e nostalgie: «Se da un lato racconto la geografia che ci ha creati, dall’altro volevo scavare dentro di me. Nel lato B ho riunito cinque brani che fanno un percorso interiore, andando a rispolverare zone nascoste, corde che avevano bisogno di essere toccate di nuovo». Un viaggio che porta a galla anche le maschere che spesso indossiamo per evitare domande scomode, come accade in “Sempre tutto bene”: «Diciamo spesso che va “tutto bene” e poi di fatto non ci diciamo niente. Non ci confidiamo mai davvero. Con questa canzone ho voluto andare oltre quel velo che mettiamo davanti quando incontriamo gli altri».

Dal punto di vista della scrittura, Ligabue si muove dentro una tradizione cantautorale solida

Dal punto di vista della scrittura è evidente quanto Ligabue si muova dentro una tradizione cantautorale solida, quella che ha formato intere generazioni di ascoltatori e musicisti: «Io sono cresciuto con i cantautori italiani. Il mio primo ‘manuale’ non era un prontuario di accordi ma l’intera produzione di Francesco De Gregori, Ivano Fossati, Antonello Venditti, Rino Gaetano, Lucio Dalla. Lì ho capito la potenza della parola in una canzone. È un seme che mi porto ancora dentro».

E per un artista che soltanto nell’ultimo anno ha calcato più di cento palchi, la dimensione della band e del live resta centrale anche nel processo creativo: «Tutti i brani partono da voce e chitarra, poi vado in studio con il mio gruppo e voglio cogliere la prima scintilla, quella umana. Non mando mai i brani prima ai musicisti: voglio vivere l’urgenza del momento». “M.A.P.S.” nasce così: da un tempo lungo, da un ascolto paziente, da una musica che non corre per arrivare prima.

di Federico Arduini

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