Luk3 racconta “Diciotto”: “Dentro queste sei canzoni ci sono io”
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Luk3 sul suo EP “Diciotto” e sulla sua avventura ad Amici

Luk3 racconta “Diciotto”: “Dentro queste sei canzoni ci sono io”
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Luk3 sul suo EP “Diciotto” e sulla sua avventura ad Amici
Luk3 racconta “Diciotto”: “Dentro queste sei canzoni ci sono io”
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Luk3 sul suo EP “Diciotto” e sulla sua avventura ad Amici
Esce domani, venerdì 30 maggio, “Diciotto” il primo EP di Luk3, giovane cantautore campano che il pubblico ha conosciuto ad Amici 24. Sei tracce che raccontano il suo mondo con sincerità e leggerezza, tra cui l’inedito “Canzoncine”, un ritratto delicato delle inquietudini adolescenziali, e brani già noti come “Valentine” e “Parigi in motorino”. C’è anche “Bianca-Prada”, uscita il 13 maggio, già virale su TikTok e pronta a diventare un tormentone estivo.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui per conoscerlo meglio e conoscere questo progetto discografico
Come stai vivendo questo momento a soli 18 anni? Sembri avere le idee molto chiare
Lo sto vivendo benissimo, davvero. L’esperienza ad Amici mi ha dato tanto, sia a livello personale che artistico. Ora sto iniziando a raccogliere i primi risultati, ma continuo a seminare con impegno, con la voglia di crescere ancora. Sto molto bene, perché sento che sto facendo esattamente quello che voglio fare.
La prima cosa che ho scritto sui social appena uscito è stata: “Ho 18 anni e già so cosa voglio fare per tutta la vita”. Ed è assolutamente vero. Al di là di come andrà, so con certezza che la musica farà sempre parte della mia vita.
Qual è la cosa che hai imparato che ritieni più importante durante l’esperienza ad Amici?
Una cosa che ho imparato, stando sotto i riflettori, è che spesso rischi di perderti nei dettagli. Ti metti lì a calcolare tutto, a pensare ai numeri, alle classifiche, al risultato. Ma col tempo, dentro Amici, ho capito che il vero focus è un altro. È tutto molto più semplice: l’unica cosa che conta davvero è essere veri in quello che fai, restare sincero, e lasciare che le cose accadano in modo naturale.
Non vale la pena stressarsi per un numero in più o in meno, per una posizione in classifica. Quello che conta è ricordare perché lo stai facendo, cosa c’è dietro ogni canzone. Io faccio musica, e questo è il centro di tutto. Questo l’ho capito davvero solo vivendolo, giorno dopo giorno, lì dentro.

Come hai scelto i brani da inserire nel tuo primo EP?
In realtà non è che scelgo le canzoni in modo razionale, tipo “questa sì, questa no”. Lavoro molto d’istinto, soprattutto con la musica. Diciotto è nato in tre fasi: ci sono pezzi scritti prima di Amici, come Parigi in motorino e Valentine, altri nati durante il programma, altri ancora dopo. Quindi è proprio un piccolo racconto della mia vita in quel periodo.
L’ho chiamato Diciotto perché mi sembrava il titolo più rappresentativo. Ho 18 anni e dentro queste sei canzoni ci sono io, in tutte le sfumature. Ogni pezzo è entrato nell’EP perché, semplicemente, era il momento giusto per raccontare quella cosa lì. Non c’erano troppe spiegazioni o strategie: era reale, era vero, era la mia vita. E poi, il mio obiettivo è sempre quello: raccontare me stesso sperando che chi ascolta riesca a rivedersi dentro a quello che scrivo.
Nei tuoi testi spesso compaiono dettagli molto concreti, come nomi di brand o luoghi. È qualcosa che fai consapevolmente?
Sì, mi piace tantissimo fare delle “fotografie” nei pezzi. Inserire dettagli concreti, come i nomi di marche o città, è qualcosa che mi viene naturale. Sono quelle piccole cose che rendono una scena reale, vissuta. Alla fine tutti abbiamo un riferimento, un posto, un oggetto, qualcosa che ci riporta a un momento preciso. Se sei a Roma, sei a Roma. Non ha senso edulcorare: racconti quello che vedi, quello che vivi.
Quando scrivo è come se scattassi una foto, e quando canto quella canzone live, rivedo tutto nitidamente. Rivivo non solo il momento della scrittura, ma anche quello in cui ho vissuto davvero quella cosa. È una catena di emozioni che si riattivano ogni volta. Per questo per me la musica è così legata alla memoria e all’esperienza.
Cosa provi quando ti rendi conto che le persone cantano le tue canzoni?
Succede tutto così in fretta che a volte non te ne rendi nemmeno conto mentre lo stai vivendo. Vivi mille emozioni tutte insieme e poi, solo dopo, quando torni a casa (o nel mio caso, quando ero ad Amici, tornavo in casetta, in cameretta) ti fermi un attimo e realizzi: “Wow, davvero tante persone stanno cantando il pezzo che ho scritto in cameretta”.
E lì ti colpisce davvero. È un’emozione fortissima, quasi difficile da spiegare. Ci ho messo un po’ a metabolizzare tutto all’inizio. Perché quando scrivi, lo fai in uno spazio tuo, intimo, magari da solo con una chitarra o un computer. E poi all’improvviso quella cosa tua diventa di tutti. È incredibile

Quando è iniziato tutto con la musica?
Ho iniziato prestissimo, avevo sei anni quando ho cominciato a suonare la chitarra. È stato qualcosa di molto naturale per me, come una vocazione. Nessuno in famiglia faceva musica, quindi è partito tutto da me. Già a 4 o 5 anni chiedevo strumenti musicali come regalo, era l’unica cosa che volevo davvero.
Poi, quando ho iniziato a suonare la chitarra, ho sentito che mancava ancora qualcosa. Col tempo ho capito che quello che mancava era la mia voce. Così ho iniziato a scrivere e cantare accompagnandomi con la chitarra, da solo, in cameretta. Avevo dodici o tredici anni, e da quel momento non mi sono più fermato. È diventato il mio modo di esprimermi, di raccontare quello che vivo.
Nell’Ep c’è questo brano, “Piangi”, che ho trovato interessante, soprattutto per l’invito ad abbracciare la propria fragilità
Piangi è nato dopo un momento molto personale, una conversazione che ho avuto con Maria dentro la scuola. Subito dopo ho scritto il ritornello, quasi come uno sfogo, per me. All’inizio era una cosa intima, qualcosa che avevo bisogno di dire a me stesso.
Poi, qualche giorno dopo, ho scritto le strofe e ho sentito che volevo aprire quel messaggio anche agli altri. Farla diventare una canzone generazionale, che potesse parlare a tutti. Perché alla fine è inutile nascondersi: tutti piangiamo. E riconoscerlo, accettarlo, è qualcosa che libera.
Il pianto è un gesto così semplice, ma dietro cui spesso ci nascondiamo. Piangi per me è stato anche questo: un modo per normalizzare la fragilità, renderla qualcosa di umano e condiviso.
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Tag: musica, Musica italiana
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