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Per Pozzuoli servono misure certe, parla Giuseppe De Natale

Per Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, lo sgombero di diverse migliaia di persone a Pozzuoli è una delle due opzioni possibili

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Evacuazione ‘mirata’ delle abitazioni nell’arco di un paio di chilometri, nell’area Solfatara-Pisciarelli-Agnano, tra Pozzuoli e la zona occidentale di Napoli. È la soluzione per consentire ai tecnici di valutare l’agibilità degli edifici dopo la violenta scossa bradisismica del 13 marzo nell’area dei Campi Flegrei. Con epicentro a Pozzuoli. Magnitudo 4.6, stima rivista nelle ultime ore dall’Osservatorio Vesuviano (la sede napoletana dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia). La più forte degli ultimi 40 anni, anzi da quando sono effettuate le rilevazioni delle scosse. Lo sgombero di diverse migliaia di persone è una delle due opzioni perseguibili secondo Giuseppe De Natale. Il dirigente di ricerca dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) a “La Ragione” spiega: «L’alternativa è riuscire in pochi giorni, sguinzagliando centinaia di professionisti ben preparati, a fare verifiche a tappeto dell’agibilità degli edifici. Perché ormai l’agibilità è più importante della vulnerabilità. Perché siamo in piena emergenza».

Il livello di guardia è altissimo, continue le verifiche sul territorio per quanto riguarda l’agibilità di edifici e scuole. Mentre il capo del Dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano (e così il direttore dell’Osservatorio vesuviano, Mauro Di Vito) hanno assicurato che non è prevista un’eruzione imminente. Perché «non c’è magma che si muove verso la superficie». Analizza De Natale: «Finché il sollevamento del suolo non finirà, continuerà anche la sismicità. Dal 15 febbraio scorso la velocità di sollevamento (il parametro più critico da tener d’occhio a breve termine) è triplicata. Da uno a tre centimetri al mese. Per questo la sismicità è cresciuta, dando luogo a terremoti di magnitudo anche alta. Se non diminuirà la velocità di sollevamento, dobbiamo aspettarci ancora una sismicità molto sostenuta».

De Natale racconta che «fra il 1983 e il 1984 (quando si verificò una crisi bradisismica da 10mila scosse, con evacuazione di Pozzuoli, ndr.) la velocità di sollevamento del suolo era molto più alta di quella che stiamo registrando negli ultimi vent’anni. All’epoca si arrivava anche a 10 centimetri al mese. Ma la sismicità oggi è maggiore e più forte di allora perché il livello del suolo è più alto: nel punto di massimo sollevamento, cioè il porto di Pozzuoli, siamo oltre 40 centimetri più in alto del massimo livello raggiunto nel 1984».

Diverse centinaia di famiglie sono state già sgomberate, soprattutto a Bagnoli, un quartiere dell’area occidentale di Napoli praticamente agganciato a Pozzuoli. Secondo la Protezione civile nazionale ci sono oltre 2mila edifici vulnerabili. I residenti costretti a vivere fuori casa – perché la loro è indisponibile o anche solo per il timore di nuove scosse – vengono ospitati in aree di attesa. E la psicosi continua.

Durante la recente riunione a Roma della Commissione grandi rischi, si è discusso della variazione del sistema di allerta per rischio eruzione. Attualmente nell’area dei Campi Flegrei il livello è giallo: «Il problema non è tanto l’entità dell’allerta, ma quali misure sono previste in quelle determinate situazioni» osserva De Natale. «Oggi è inderogabile essere certi che non vi siano persone che abitano in edifici particolarmente fatiscenti (e dunque più a rischio di collassare) nelle zone più esposte, dove sappiamo che avvengono i terremoti più forti. Già il 13 marzo si è sfiorata la tragedia».

di Nicola Sellitti

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