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Napoli

A Napoli (e non solo) si fa finta di non vedere

È straniante aver scritto appena poche ore fa di Napoli e dello strabismo che coglie chiunque davanti a questa città di inimmaginabile bellezza e sconfortante deriva sociale

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A Napoli (e non solo) si fa finta di non vedere

È straniante aver scritto appena poche ore fa di Napoli e dello strabismo che coglie chiunque davanti a questa città di inimmaginabile bellezza e sconfortante deriva sociale

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A Napoli (e non solo) si fa finta di non vedere

È straniante aver scritto appena poche ore fa di Napoli e dello strabismo che coglie chiunque davanti a questa città di inimmaginabile bellezza e sconfortante deriva sociale

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È straniante aver scritto appena poche ore fa di Napoli e dello strabismo che coglie chiunque davanti a questa città di inimmaginabile bellezza e sconfortante deriva sociale

È straniante aver scritto appena poche ore fa di Napoli e dello strabismo che coglie chiunque davanti a questa città di inimmaginabile bellezza e sconfortante deriva sociale.

I particolari in cronaca sono del tutto inadatti a spiegare morti totalmente assurde, inconcepibili e ributtanti per chiunque abbia una sia pur vaga idea di convivenza civile in uno Stato moderno, regolato da leggi, diritti e doveri. Tutto sembra sfumare, in una realtà dove punti di riferimento, miti e leggende sono distorti. Spingendo troppi giovani ad assumere – non so più quante volte lo abbiamo scritto, persino vergognandoci della ripetitività di certi concetti – modi di fare, parlare, vestirsi e soprattutto atteggiarsi che rimandano a un mondo che non esitiamo a definire distopico.

Ciascun assurdo episodio, ciascuna morte possono essere spiegati in un modo o nell’altro: ora l’”intollerabile” onta della scarpa sporcata, ora il gioco finito tragicamente, ora chissà quale altra assoluta idiozia che sarebbe del tutto sproporzionata per uno schiaffo, figurarsi per un colpo di pistola. Tutto questo non conta niente. Ripetiamo, niente.

Ciò che conta è quello che andiamo ripetendo ormai da così tanto tempo che cominciamo ad annoiarci dalla nostra stessa voce: coesistono ignorandosi la Napoli dell’inimmaginabile e favoloso boom turistico – che ha reso finalmente la città quella meta impareggiabile che merita di essere – e il luogo che sembra inghiottire ogni idea di vita civile. Convivono ignorandosi, appena sfiorandosi ogni tanto.

Fisicamente i napoletani della città-vetrina fanno ostentamente finta che non esistano i ragazzi con i capelli laccati e i baffetti, segni distintivi che ovviamente non hanno nulla a che vedere con un’automatica affiliazione alla malavita o anche solo ad un’area grigia, ma rimandano a un modo di pensare e vivere “altro“. In cui lo Stato semplicemente non c’è, la legge non conta.
Conta l’idea di sé, l’esposizione della propria forza.

È uno sfacelo sociale, cui si aggiunge quello del mondo politico, giornalistico e culturale che si prende a parolacce, come ieri tra Fratelli d’Italia e Roberto Saviano. Quest’ultimo, ufficialmente indicato via social come responsabile del perfido gioco di emulazione degli eroi negativi di Gomorra. Esagerazione inconcepibile, come se avessimo accusato lo scrittore italo americano Mario Puzo di aver indicato la strada del crimine alle famiglie della mafia americana con il suo “Il Padrino“.

Del resto, quando non sai letteralmente che pesci prendere, sei tentato di buttarla in caciara e questo vale anche per lo stesso mondo di riferimento di tutti i Saviano d’Italia che credono di risolverla sempre indicando nel ritorno del fascismo l’origine di tutti mali o di tutte le incapacità di reagire ad un’emergenza come quella che si sta diffondendo fra i ragazzini napoletani.

Perché in verità nessuno si vuole assumere responsabilità e cerca solo facili colpevoli da qualche parte.

di Fulvio Giuliani

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