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Pinocchio in tutte le lingue del mondo, parla Giovanni Capecchi

Innumerevoli versioni della celebre storia di Pinocchio vengono raccolte ora nel volume “Atlante Pinocchio”. Le parole del direttore scientifico del progetto Giovanni Capecchi

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C’è un Pinocchio dagli occhi azzurri e i capelli biondi e ce n’è uno dalla pelle nera. Un altro vola in groppa al colombo sulle Alpi e sui ghiacciai della Svizzera, prima di atterrare sulla spiaggia da dove Geppetto prende il mare per cercare il figlio scomparso. In Persia, nella traduzione del 1955, il Grillo parlante diventa uno scarafaggio. In Somalia Mastro Ciliegia diventa Mastro Pomodoro. Insomma: c’è un Pinocchio – l’originale – e ce ne sono altri 700 o giù di lì, quante sono le traduzioni integrali dell’opera di Carlo Collodi che dal 1881 sono circolate nel mondo. Un intreccio di lingue, culture e sensibilità diverse rispetto al periodo storico in cui l’opera è stata tradotta. Così nella Russia del 1936 Pinocchio diventa un “Buratino” socialista che cerca di affrancarsi dal giogo dell’oppressore Mangiafuoco. E per gli oppositori del regime di Pinochet in Cile, il dittatore diventava “Pinocho”.

Innumerevoli versioni della stessa storia vengono raccolte ora nel volume “Atlante Pinocchio” edito dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, composto di 664 pagine e suddiviso in 96 capitoli. Un’impresa critica e storiografica gigantesca che ha coinvolto circa 140 studiosi in tutto il mondo, coordinati dal direttore scientifico del progetto Giovanni Capecchi, presidente della Fondazione Uniser e professore associato di Letteratura italiana all’Università per stranieri di Perugia: «È stato un lavoro lungo, durato tre anni. Non posso dire di aver individuato la formula del successo di Pinocchio, ci sono diverse ragioni che spiegano la fortuna dell’opera. La più importante è il fatto che in fin dei conti Pinocchio è ciascuno di noi e quindi racconta la storia un po’ di tutti» ci dice il docente.

Capecchi e i suoi collaboratori hanno ripercorso la storia editoriale dell’opera di Collodi dagli albori, hanno scavato per cogliere ogni sfumatura in tutto il mondo: «Il primo passo per riuscirci è stato trovare degli studiosi nell’area geografica o linguistica di competenza che scrivessero un capitolo dedicato a Pinocchio. Ed è stato davvero difficile individuarne in aree come il Laos, la Thailandia, la Birmania e alcune zone africane». Eppure l’impresa è riuscita e ora nell’Atlante Treccani c’è un Pinocchio per tutti. Spesso diverso, filtrato dagli occhi di chi lo ha letto: «Nell’Europa dell’Est e in Cina l’elemento pedagogico educativo è avvertito per esempio come elemento fondamentale della storia. Per questo si cerca di mitigare la maleducazione di Pinocchio verso Geppetto e verso gli adulti». Altrove ci sono altri spunti di interesse: «Nei Paesi dell’America Latina l’elemento che più colpisce è quello della libertà. Mentre i ragazzi di strada del Kenya, come testimonia il racconto del regista e attore Marco Baliani, vedono Pinocchio come uno di loro».

Ne ha fatta di strada il burattino di Collodi, ma il suo cammino è tutt’altro che concluso: «Pinocchio continua e continuerà a essere letto e tradotto. Anzi, negli anni saranno necessari degli aggiornamenti. Senza contare che questo stesso volume sta generando altri studi in tutte le parti del mondo» conclude Capecchi.

di Giacomo Chiuchiolo

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