Trump stravince in Iowa, tutti gli ostacoli del tycoon (e Biden)
Primarie Usa: in Iowa domina Donald Trump che vince, con oltre il 50%, in tutte le 99 contee. Il risultato, dato dai media, è arrivato dopo soli 31 minuti
Con una temperatura di -30 gradi all’esterno, a scaldare gli animi a Des Moines, capitale dell’Iowa da 200mila abitanti, ci ha pensato Donald Trump, deciso a riconquistare la Casa Bianca, che ha vinto in 99 contee su 99 dello Iowa. Al momento l’ostacolo non sembrano tanto gli avversari interni al partito, quanto i giudici. Le previsioni della vigilia del primo dei caucus, le assemblee locali con cui gli elettori registrati scelgono il proprio candidato in vista della nomination ufficiale di inizio estate, sono state sostanzialmente confermate. “Ad oggi non sembra esserci partita. È vero che la popolarità di Nikki Haley è cresciuta parecchio nelle ultime settimane e potrebbe esserci un effetto-traino dal voto in Iowa, ma al momento il primato di Trump resta. Quanto agli altri sfidanti, Ron DeSantis appare in declino. Dopo essere stato relativamente vicino a Trump, tanto da poter rappresentare temporaneamente uno sfidante credibile, ha pagato il fatto di aver voluto essere troppo simile al suo ‘maestro’. I repubblicani, quindi, si sono chiesti perché scegliere una ‘copia’ quando potevano puntare sull’originale”, spiega Gianluca Pastori, professore di Storia delle Relazioni politiche tra Stati Uniti ed Europea presso l’Università Cattolica di Milano.
Quanto all’imprenditore di origini indiane Vivek Ramaswamy, “nonostante i suoi discorsi piacciano a una parte dell’elettorato, specie quella radicale, non sembra comunque rappresentare un ostacolo né per Trump, né per la Haley o lo stesso DeSantis”, prosegue Pastori. A fermare il tycoon potrebbero essere, invece, le sentenze dei tribunali come in Colorado e nel Maine, contro cui il Trump ha presentato ricorso. “Più che chiedersi cosa accadrebbe in caso di esclusione di Trump dalle primarie, mi interrogherei sulla tempistica, se i verdetti arrivassero troppo tardi: sarebbe un disastro, peraltro senza precedenti nella storia americana”, sottolinea Pastori. “Non dimentichiamo, comunque, che non è affatto certo che i ricorsi di Trump siano respinti: sono una 30ina i casi analoghi in altrettanti stati Usa e in una decina la corsa di Trump alle primarie è stata già ammessa”, aggiunge Pastori. Se la sua nomination al momento appare in discesa, in casa democratica non mancano perplessità nei confronti della candidatura dell’84enne Joe Biden. “L’età è certamente un punto di vulnerabilità per Biden, che non sembra aver convinto del tutto gli elettori anche per altri motivi, come dimostrano gli indici di popolarità in costante declino, dalla sua elezione e fino a poche settimane fa. Adesso si è stabilizzato, ma pare che puntare su di lui sia stato l’esito di una mancanza di alternative. Alle primarie del 2020 il partito era diviso e litigioso, questa volta sembra essersi allineato intorno a Biden, come se non avesse trovato una composizione tra le varie anime, come se fosse il male minore. Ma resta molto debole, sia per motivi anagrafici che politici, in particolare di scelte in materia di esteri: dal disimpegno in Afghanistan, alla situazione di stallo in Ucraina, senza dimenticare la crisi in Medio Oriente dove, a dispetto di molto attivismo, si sono ottenuti finora pochi risultati. Insomma, appare come un presidente debole”. Intanto le cancellerie stanno a guardare: “In Europa certamente sarebbe più gradita una vittoria di Biden, in caso di sfida diretta. Di contro in Medio Oriente il premier israeliano Netanyahu ha più feeling con Trump, che sarebbe preferito anche da Putin, anche solo perché la politica di disimpegno e ripiegamento di Trump a Washington lascerebbe più ampi margini d’azione al Cremlino”, conclude Pastori.
di Eleonora Lorusso
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