Volevano strage e ostaggi, parla Arduino Paniccia
Arduino Paniccia, analista, opinionista e scrittore: “Il vero obiettivo dell’attacco da Gaza erano gli ostaggi. Un piano studiato da almeno un anno, con un’abile regia esterna”
Dopo l’attacco da parte dei miliziani palestinesi da Gaza, l’escalation della guerra in Israele è inevitabile, con la dichiarazione di guerra da parte di Tel Aviv, decisa anche all’operazione di terra. Nonostante l’Iran abbia smentito un proprio coinvolgimento nell’offensiva dalla Striscia, è ritenuto il “grande sponsor” della guerra contro Israele e questo aumenta il rischio di una pericolosissima estensione del conflitto all’area mediorientale: «Certamente è difficile pensare che tutto questo sia potuto accadere senza un forte supporto esterno. Per quanto Hamas possa essersi preparata, la beffa ai servizi segreti israeliani e l’abilità con cui i terroristi sono usciti dagli schemi degli attacchi del passato vanno analizzate alla luce del conflitto in Ucraina» osserva Arduino Paniccia, analista, opinionista e scrittore, già consulente per agenzie Onu, esperto Ispi e nonché fondatore dell’Asce – Scuola di Competizione Economica Internazionale (ex Scuola di guerra). «Soprattutto all’inizio della guerra ai confini ucraini, si è infatti capito che era possibile rispondere a un nemico molto più forte contando su mezzi tecnologici evoluti».
Paniccia spiega che «la crisi in Israele è anche la dimostrazione che il conflitto si sta allargando, interessando aree ai confini dell’Europa: il Nordafrica, il Medio Oriente, il Caucaso. La sensazione, che non vuole essere dietrologia, è dunque che vi sia qualcosa di più complesso che un attacco, seppure beffardo, di Hamas a Israele». Proprio riguardo la beffa ai servizi segreti israeliani, che non hanno intercettato per tempo i miliziani, Paniccia osserva: «Non dimentichiamo che Israele è un Paese in guerra costante, in una perenne fase di attacco difensivo, e una falla si può aprire. Per quanto preparati e forti, se uno scontro è protratto per decenni un errore può avvenire. In questo caso è stato macroscopico, ma ricordiamo anche che l’offensiva messa in atto da Hamas è stata molto ben preparata, per almeno un anno o più, con un grande sponsor quale l’Iran. A questo si aggiunga che anche le organizzazioni terroristiche del Libano hanno fatto credere all’intelligence di Tel Aviv tutt’altro rispetto a quanto si stava preparando, soprattutto in un momento in cui la società israeliana era ed è molto divisa al suo interno».
Ora uno dei nodi rimane il numero di ostaggi fatti dai miliziani. «L’obiettivo di Hamas pare sia stato soprattutto fare ostaggi. In questo modo non soltanto si è fatto saltare l’accordo israeliano con i sauditi che stava per essere siglato (gli Accordi di Abramo, ndr.), ma mediaticamente si è fornita un’immagine di Israele più debole rispetto a quella che conosciamo» spiega Paniccia. Ma come si libera un così gran numero di ostaggi? «Potrebbe essere tentata un’operazione mirata e veloce, ma questo avrebbe anche molte controindicazioni e grandi rischi. Se, come sembra, l’ispirazione dell’attacco ha origini iraniane, potrebbe verificarsi quanto accaduto già in passato: la questione rimarrà in stallo a lungo. Potrebbe anche accadere che siano coinvolti altri Paesi alleati, da entrambe le parti. Per questo non stupisce il posizionamento di una portaerei americana davanti alle coste israeliane».
Il possibile coinvolgimento, in termini di supporto, degli Usa potrebbe essere dettato anche dalla nazionalità di molti gli ostaggi. «Sia che si sia trattato di un’offensiva più rapida preceduta da un poderosissimo attacco cyber con il sostegno iraniano (Hamas da sola non sarebbe stata in grado di portarla avanti), sia che fosse una trappola preparata da tempo (come dimostra il ritrovamento di modellini degli insediamenti israeliani con i quali si sarebbero addestrati i miliziani palestinesi), è stato centrato l’obiettivo di prendere il maggior numero di ostaggi, anche americani» conclude l’analista.
di Eleonora Lorusso
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