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A caccia dei libri rari

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Chi frequenta le librerie antiquarie sa bene che i volumi rari, antichi e unici hanno prezzi non economici. E ci sono libri che hanno un non comune valore economico pur essendo relativamente recenti

A caccia dei libri rari

Chi frequenta le librerie antiquarie sa bene che i volumi rari, antichi e unici hanno prezzi non economici. E ci sono libri che hanno un non comune valore economico pur essendo relativamente recenti

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A caccia dei libri rari

Chi frequenta le librerie antiquarie sa bene che i volumi rari, antichi e unici hanno prezzi non economici. E ci sono libri che hanno un non comune valore economico pur essendo relativamente recenti

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Chi frequenta le librerie antiquarie sa bene che i volumi rari, antichi e unici hanno prezzi non economici. Sono le gioie e i dolori del bibliofilo o, peggio che andar di notte, del bibliomane (la bibliomania è una mania che sconfina nella patologia). Gioie e dolori doppi e tripli perché raramente colui che acquista, a caro prezzo, i tomi che a lungo ha agognato sarà disposto a venderli (a cederli giammai, ve lo potete togliere dalla testa). Però, oltre ai testi di antiquariato, sia dall’Ottocento a scendere sia del primo Novecento, ci sono altri libri. Che hanno un non comune valore economico pur essendo relativamente recenti.

Si tratta di scritti per forza di cose di autori contemporanei. Che raggiungono delle buone quotazioni in forza della loro scomparsa dal mercato editoriale e, naturalmente, del loro valore letterario o saggistico. Faccio due esempi.

Il libro di Giampiero Mughini “Compagni, addio” (Mondadori), che risale al 1987, è venduto sulle varie piattaforme online a 120 o anche 150 euro. Un prezzo non indifferente per un autore vivente – lunga vita a Giampiero – e per un testo che in fondo è un pamphlet di 143 pagine.

Evidentemente, quel libro deve avere un suo valore che la sua introvabilità e rarità fa aumentare anche di prezzo in base alle non poche richieste di acquisto. Il secondo libro è di Emanuele Severino, “Il parricidio mancato” (Adelphi). Risale al 1985 ed è venduto anche a 200 euro, nonostante abbia parti scritte in greco e tratti di un tema che oscilla tra l’essere e il niente. O, forse, proprio in forza di questi caratteri.

Ero alla ricerca di questi due titoli da un po’ di tempo e sono riuscito a ottenerli a dei prezzi inferiori alle quotazioni citate. Quello di Mughini intorno ai 70 euro e quello di Severino a circa 60 euro, che sono sempre dei prezzi notevoli se si considera che sono dei testi degli anni Ottanta.

Ma con la rivoluzione digitale e con le consegne in tempo reale – reale non proprio, a volte si attende anche quindici giorni per avere l’oggetto del desiderio – il mercato librario è cambiato definitivamente anche solo rispetto a venti o dieci anni addietro. I libri che approdano in libreria sono una piccolissima parte dei libri che si vendono e si cercano: la loro vita è poco più lunga di una farfalla – poco più di tre mesi – e la loro vera vita è quella che inizia, se inizia, quando escono dalle scansie delle librerie ordinarie per entrare nel gran mondo della vendita online e delle librerie indipendenti e dei Grandi Magazzini o Grandi Archivi che tutto conservano e tutto sputano all’occorrenza.

Ecco, proprio questo è il punto: cosa decide il valore intrinseco di un’opera di lettere e, di conseguenza, ne stabilisce poi il prezzo? Il tempo. Soltanto sua maestà il Tempo. Infatti i due libri presi a esempio – il Mughini e il Severino – sono freschi come due rose di maggio. La loro lettura è ancora oggi utile e illuminante come se fossero usciti or ora dalla tipografia per giungere in libreria. Anzi – e senza essere cattivo, visto che peraltro, scrivendo e pubblicando, farei del male a me stesso – il più delle volte i libri nuovi sono vecchi e i libri vecchi sono nuovi. È il paradosso gustoso della letteratura e persino della vita: i vivi sono morti, i morti sono vivi.

di Giancristiano Desiderio

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