Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app

I buchi neri di terza generazione

|

“Siamo davanti a una rarità assoluta: una vera sfida alla nostra comprensione sulla genesi dei buchi neri” affermano gli scienziato

I buchi neri di terza generazione

“Siamo davanti a una rarità assoluta: una vera sfida alla nostra comprensione sulla genesi dei buchi neri” affermano gli scienziato

|

I buchi neri di terza generazione

“Siamo davanti a una rarità assoluta: una vera sfida alla nostra comprensione sulla genesi dei buchi neri” affermano gli scienziato

|

Le leggi della fisica sfidate da un doppio, gigantesco risucchio. Si tratta della più grande collisione di buchi neri mai registrata, grazie all’eccezionale gittata dell’osservatorio Ligo (l’interferometro laser statunitense per il rilevamento delle onde gravitazionali). Nell’ultimo decennio – in seguito agli enormi progressi nel settore – erano già stati individuati nello Spazio centinaia di eventi estremi di questo genere.

Nessuno però con caratteristiche tanto violente: ciascuno dei due buchi neri ha una massa tra le 100 e le 130 volte superiore a quella del Sole e dalla loro fusione ne scaturirà un terzo ancora maggiore (fino a 225 masse solari). «Ciò significa il 50% in più del record precedente» spiegano gli astronomi che l’hanno scoperto. Non solo: la loro velocità di rotazione attorno al proprio asse è di 40 volte al secondo, un valore prossimo al limite formulato dalla teoria della relatività generale di Einstein: «In altre parole, ruotano ai limiti del possibile». O quantomeno di quel che è ritenuto possibile finora.

Nella storia di questi corpi celesti, tutto travalica le colonne d’Ercole della conoscenza. A partire dal “telescopio dei buchi neri”, come in gergo viene chiamata la strumentazione Ligo. Le onde gravitazionali – in quanto perturbazioni spazio-temporali – erano state correttamente previste già da Einstein, ma il fisico tedesco le considerava troppo deboli perché fossero rilevate da qualunque futura tecnologia umana. Ebbene, un team di scienziati americani è riuscito – un secolo dopo – nell’impresa da Nobel (2017).

E così da allora siamo arrivati a tracciare delle singolarità inesplorate come le fusioni galattiche. «Questi detector sono il più sensibile dispositivo di misurazione mai realizzato: il paradosso è che per osservare gli eventi più estremi e furiosi dell’universo occorrono le rilevazioni più impercettibili». Basti pensare che il segnale che arriva sulla Terra è migliaia di volte inferiore alla larghezza di un protone. Dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. Anche per questo persistono alcuni margini d’incertezza, per esempio l’effettiva posizione di questa spaventosa tempesta gravitazionale (calcolata fra i 2,3 e i 13,4 miliardi di anni luce da noi, praticamente il 90% dello spettro universale: comunque a distanza di sicurezza).

Molto più precise e significative sono invece le stime relative alla massa dei due buchi neri. Come accennato, superiore a quelle 100 masse solari che rappresentano il valore-limite entro il quale si sviluppano i buchi neri stellari (cioè il risultato dell’esplosione di una supernova). Nel caso di questo accorpamento, qualunque residuo siderale avrebbe però già dovuto essere spazzato via. E così non è. Un altro enigma? Non necessariamente: l’ipotesi degli addetti ai lavori è di avere a che fare con una sorta di ‘voragine famigliare’. In origine esistevano quattro buchi neri, la cui collisione ha prodotto i due esemplari in questione e da cui un giorno scaturirà il singolo buco nero ‘di terza generazione’ (fa un certo effetto applicare la genealogia a una serie di collassi gravitazionali, ma l’immagine si presta alla spiegazione).

In ogni caso, sottolineano gli scienziati, «siamo davanti a una rarità assoluta: una vera sfida alla nostra comprensione sulla genesi dei buchi neri. Quando si guarda all’universo in modo differente, si fanno scoperte inattese che ridisegnano l’intero quadro: i detector che abbiamo in progetto per i prossimi 10-15 anni saranno in grado di individuare tutte le collisioni gravitazionali esistenti. E chissà quali altre sorprese».

C’è ancora molto da esplorare, insomma. E la dinamica di questi buchi neri ricombinati può rivelarsi di grande aiuto per studiare la crescita dei super-ammassi al centro delle galassie. Ce n’è uno anche nel cuore della Via Lattea, il Sagittarius A*. Per intenderci: la sua massa è 4 milioni di volte quella del Sole. In confronto, la ‘fusione dei record’ è un neo ai margini dell’universo. Tutto è relativo, appunto.

di Francesco Gottardi

La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

15 Luglio 2025
Arsène Lupin incarna l’eleganza, la furbizia e un codice morale tutto suo: ruba ai ricchi, si trav…
08 Luglio 2025
Il Telepass non è soltanto un oggetto tecnologico, ma un simbolo del made in Italy. Storia di un’i…
27 Giugno 2025
La nascita e gli sviluppi del noto calendario Pirelli: dagli scatti di Pacinotti e Sara Moon, fino…
26 Giugno 2025
Questa sera, alle ore 18.00, la suggestiva cornice della Centrale dell’Acqua di MM ospiterà “Milan…

Iscriviti alla newsletter de
La Ragione

Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.

    LEGGI GRATIS La Ragione

    GUARDA i nostri video

    ASCOLTA i nostri podcast

    REGISTRATI / ACCEDI

    Exit mobile version