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Lupin compie 120 anni 

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Arsène Lupin incarna l’eleganza, la furbizia e un codice morale tutto suo: ruba ai ricchi, si traveste, sfida il potere, ma non ricorre mai alla violenza

Lupin compie 120 anni 

Arsène Lupin incarna l’eleganza, la furbizia e un codice morale tutto suo: ruba ai ricchi, si traveste, sfida il potere, ma non ricorre mai alla violenza

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Lupin compie 120 anni 

Arsène Lupin incarna l’eleganza, la furbizia e un codice morale tutto suo: ruba ai ricchi, si traveste, sfida il potere, ma non ricorre mai alla violenza

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Il 15 luglio 1905, sulle pagine della rivista “Je sais tout”, esce un racconto intitolato “L’Arrestation d’Arsène Lupin”. Lo ha scritto Maurice Marie Émile Leblanc, ex studente di giurisprudenza convertitosi alla narrativa e destinato a divenire uno dei padri indiscussi della moderna letteratura poliziesca. Il protagonista della storia ideata da Leblanc – Arsène Lupin appunto – è un personaggio affascinante: un ladro gentiluomo, astuto, carismatico e misterioso. Sarà per questa combinazione di fattori che, sin da subito, ottiene un successo enorme. Diviene protagonista di numerose storie brevi sul magazine, raccolte per la prima volta in volume nel 1907 sotto il titolo “Arsène Lupin, gentleman cambrioleur”, per poi evolversi in una serie impressionante di 17 romanzi e 39 novelle.

Arsène Lupin incarna l’eleganza, la furbizia e un codice morale tutto suo: ruba ai ricchi, si traveste, sfida il potere, ma non ricorre mai alla violenza. Eppure, dietro questo personaggio che unisce il fascino del dandy e lo spirito del ribelle potrebbe nascondersi una figura realmente esistita: Alexandre Marius Jacob, anarchico e ladro ‘etico’, attivo negli stessi anni in cui Leblanc iniziava a scrivere le sue storie.

Nato a Marsiglia nel 1879, Jacob vive sin da adolescente esperienze che avrebbero segnato per sempre la sua visione del mondo. Giovanissimo, salpa verso l’Australia da mozzo e al ritorno si trova su una nave pirata, testimone di saccheggi e atrocità tali da fargli esclamare: «Ho visto il mondo, non è bello». Inizia a leggere Bakunin e Caserio, autori che alimentano in lui l’idea di un potere ingiusto e oppressivo. Decide allora di combattere a modo suo: rubando ai ricchi per far giustizia sociale, ma senza ricorrere alla violenza. Nel 1900 fonda la sua banda anarchica, Les Travailleurs de la Nuit, con la quale mette a segno oltre 150 furti ai danni di commercianti disonesti, chiese, casinò e nobildonne, tutti eseguiti sfruttando la sua straordinaria abilità nel travestimento. Arrestato e processato nel 1905 (lo stesso anno della pubblicazione del primo Lupin), nel corso dell’udienza pronuncia un discorso ritenuto memorabile: «Il diritto a vivere non si mendica, si prende. Preferisco essere un cinico cosciente dei suoi diritti piuttosto che un automa». Viene condannato e deportato nella Guyana Francese, dove trascorre 23 anni alle Îles du Salut, tentando la fuga ben 17 volte.

Torna in Francia nel 1928, dove sopravvive come venditore ambulante, trovando anche il tempo di partecipare alla Guerra civile spagnola e di supportare le lotte partigiane durante la Seconda guerra mondiale. Nel 1958, ormai malato e stanco, decide di porre fine alla sua vita con una dose letale di morfina, lasciando una lettera pacata: «Ho vissuto. Adesso posso morire… Vi lascio due litri di vino rosato. Brindate alla vostra salute».

Anche se Leblanc ha sempre negato un collegamento diretto tra Lupin e Jacob, le similarità sono notevoli. Se Lupin è il sogno romantico del ribelle elegante che ha attraversato i decenni (continuando a vivere nei romanzi, nei telefilm, nei manga e nella cultura popolare), Jacob è la sua ombra reale. La carne e il sangue di un’utopia vissuta fino in fondo e che, grazie a questa radicale coerenza, ha contribuito a dare vita a un mito letterario. Quello di un ladro che, armato di fascino e astuzia, sconfigge il sistema. Conquistandoci forse proprio per questo.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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