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Il World Pizza Day con Davide Longoni

Il 17 gennaio si celebra il World Pizza Day, la Giornata Internazionale della Pizza, a cui nessuno riesce a resistere. Del suo successo senza età ne parliamo con Davide Longoni, tra i più celebri panificatori italiani.
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Il World Pizza Day con Davide Longoni

Il 17 gennaio si celebra il World Pizza Day, la Giornata Internazionale della Pizza, a cui nessuno riesce a resistere. Del suo successo senza età ne parliamo con Davide Longoni, tra i più celebri panificatori italiani.
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Il World Pizza Day con Davide Longoni

Il 17 gennaio si celebra il World Pizza Day, la Giornata Internazionale della Pizza, a cui nessuno riesce a resistere. Del suo successo senza età ne parliamo con Davide Longoni, tra i più celebri panificatori italiani.
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Il 17 gennaio si celebra il World Pizza Day, la Giornata Internazionale della Pizza, a cui nessuno riesce a resistere. Del suo successo senza età ne parliamo con Davide Longoni, tra i più celebri panificatori italiani.
Rossa o bianca, tonda o al taglio, napoletana o romana: la pizza ha diverse anime ma non riusciamo a resistere a nessuna di queste. Per questo ogni 17 gennaio la celebriamo con il World Pizza Day, la Giornata mondiale della pizza, nella giornata di Sant’Antonio Abate, protettore dei fornai e dei pizzaioli. Il piatto più amato e diffuso al mondo, con un giro d’affari solo nella nostra Penisola di 30 miliardi di euro secondo i recenti dati diffusi da Cna agroalimentare, resiste al tempo e alle mode grazie alla sua genuinità ma anche capacità di trasformarsi nel tempo. Tanto che stasera il Mercato Centrale Milano ha deciso di festeggiare presso la Bottega il pane e la pizza di Davide Longoni. Ne abbiamo parlato proprio con lui, classe 1973, tra i più celebri panificatori italiani, Tre Rotelle nella classifica delle migliori pizzerie per Gambero Rosso e vincitore del Premio “Maestro d’arte e Mestiere” della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e ALMA. Il segreto del successo della pizza è nella “sua assoluta capacità di sintetizzare una serie di ingredienti in un modo unico. Se con la pasta troviamo delle radici comuni anche con quelle orientali, come in Cina e Giappone, la pizza è il prodotto di un’alchimia unica di ingredienti semplici – farina, acqua, pomodoro. Non c’è nulla che le assomigli”. È un alimento che cambia, pur restando fedele a sé stesso e negli ultimi anni questo processo di trasformazione è visibile agli occhi di tutti. Un tempo patrimonio esclusivo della città di Napoli, con la proposta di un modello specifico di pizza partenopea, oggi il prodotto ha subìto un’evoluzione: “il canotto si è sempre più sgonfiato da un lato ipertrofico, se vogliamo. Da cibo tipico di street food, oggi l’attenzione alle materie prime e alla tracciabilità hanno reso la pizza un prodotto di alta eccellenza”. E partendo da Napoli, che ha permesso alla figura del pizzaiolo di diventare patrimonio dell’Unesco nel 2017, si è sviluppata la sua cultura in tutta la Penisola con una maggiore libertà.  Ne sono una conferma le classifiche stilate ogni anno delle migliori pizzerie d’Italia con una massiccia presenza di realtà del Centro-Nord dove si impone il Veneto, prima in ordine di apparizione negli anni 2000’, come “la prima zona dove si è iniziata a pensare una pizza diversa, quella gastronomica, soprattutto grazie al lavoro di Simone Padoan e figli”, ma anche “la scuola di pensiero della pizza romana, una pizza nata nei forni e che Gabriele Bonci ha nobilitato con ingredienti e tecniche diverse”. Da Napoli all’Italia fino al mondo: sono gli Americani i divoratori di pizza per eccellenza con oltre 13kg l’anno. “Non mi meraviglierei se pensassero che la pizza sia una loro invenzione”, scherza Longoni, riferendosi probabilmente alle dichiarazioni di Alberto Grandi, docente di Storia dell’alimentazione all’Università di Parma, che sostiene che la pizza rossa sia nata proprio negli States  mentre in Italia era diffusa la versione bianca con aglio e olio. Sarà, ma ciò che è indubbio è che sia stata messa in atto una sua nobilitazione non riconducibile soltanto al mero prodotto ma alla figura stessa del pizzaiolo e del panettiere, mestieri “da mani in pasta” che sembravano declassati e che invece riscoprono il valore essenziale dell’artigianalità, grazie soprattutto al lavoro di Longoni e colleghi. “Un tempo non si conosceva il nome del pizzaiolo mentre oggi quasi tutte le pizzerie lo scrivono sulle proprie insegne quasi come delle star”. Un cambio di paradigma che nasce in primis dalla cucina negli anni ’80 grazie al lavoro di “Marchesi e della televisione che inizia a diventare una cassa di risonanza fondamentale per tutto il settore. Questi “artigiani che fanno le cose con le mani” in una società in cui i lavori pratici sembrano quasi dimenticati, vanno preservati”. È stato un colpo di fulmine quello tra la farina e il brianzolo Longoni. Da giovane si laurea in lettere, lasciando il forno dei genitori, e inizia a lavorare como fotogiornalista in un’importante agenzia lombarda. “Ad un certo punto mi sono accorto che il mestiere dei miei genitori faceva parte di una catena di cui mi era sfuggito il senso. Ho recuperato così, nei primi anni 2000, un mestiere antico in chiave contemporanea e non me ne sono mai pentito”. Punta tutto sulla figura dell’artigiano, Longoni, e come tale trae la sua più grande soddisfazione nel formare altri artigiani. Ci confida infatti che il suo orgoglio è quello di “veder aprire forni dai suoi ex collaboratori. Significa che ho avuto un impatto positivo sugli altri e sul settore”.   di Raffaela Mercurio  

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