La femminilità, il “peccato” che il politically correct non riesce ad accettare
Minnie, eterna fidanzata di Topolino, abbandona il suo classico vestito per indossare i pantaloni. Anche le mascotte degli M&M’s cambiano alcuni tratti caratteristici per omologarsi alla corrente, ormai strabordante, del politically correct.
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La femminilità, il “peccato” che il politically correct non riesce ad accettare
Minnie, eterna fidanzata di Topolino, abbandona il suo classico vestito per indossare i pantaloni. Anche le mascotte degli M&M’s cambiano alcuni tratti caratteristici per omologarsi alla corrente, ormai strabordante, del politically correct.
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La femminilità, il “peccato” che il politically correct non riesce ad accettare
Minnie, eterna fidanzata di Topolino, abbandona il suo classico vestito per indossare i pantaloni. Anche le mascotte degli M&M’s cambiano alcuni tratti caratteristici per omologarsi alla corrente, ormai strabordante, del politically correct.
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Minnie, eterna fidanzata di Topolino, abbandona il suo classico vestito per indossare i pantaloni. Anche le mascotte degli M&M’s cambiano alcuni tratti caratteristici per omologarsi alla corrente, ormai strabordante, del politically correct.
Neanche i cartoni animati e i personaggi di fantasia riescono a scamparla dal politically correct (il politicamente corretto). Minnie, l’eterna fidanzata di Topolino, in vista dei 30 anni di Disneyland Paris, abbandonerà il suo classico vestito rosso a pois bianchi per indossare un tailleur pantalone blu con pois neri. Per tutto il mese di marzo, il mese dedicato alle donne che hanno fatto la storia, vedremo la topolina più famosa del mondo con questo abito inedito.
“Questa nuova interpretazione dei suoi caratteristici pois rende Minnie Mouse un simbolo del progresso per una nuova generazione”. Queste le parole della stilista inglese Stella McCartney, seconda figlia di Paul McCartney, ex componente dei Beatles, e della sua prima moglie Linda, artefice dell’innovativo cambio look.
Il cambiamento molto probabilmente sarà circoscritto a quell’evento e quindi temporaneo ma questo non cambia le cose. Le buone intenzioni della McCartney vanno però a toccare tasti ben più lontani dal semplice cambio di vestiario di Minnie mascolinizzandola. È un altro passo in avanti del politicamente corretto, che diventa sempre più invadente.
Minnie non è la prima protagonista dei cartoni animati politicamente corretta. Biancaneve, che, stravolgendo la storia stessa da cui deriva il suo nome, poco tempo fa era diventata Neraneve, è un altro clamoroso esempio.
I tempi cambiano e con loro anche le strategie di mercato. Ma non è solo Disney ad essere particolarmente sensibile a queste tematiche del politically correct. Ha fatto discutere molto anche il rebranding di M&M’s, i famosi cioccolatini colorati di marca Mars, che di recente hanno cambiato alcuni tratti caratteristici delle loro mascotte animate. Tutti gli “appassionati” che si sono da sempre immedesimati nei vari gustosi personaggi se ne dovranno fare una ragione.
“Abbiamo dato uno sguardo approfondito ai nostri personaggi, sia dentro che fuori, e abbiamo evoluto i loro sguardi, personalità e retroscena per essere più rappresentativi del mondo dinamico e progressista in cui viviamo“, queste le parole di Jane Hwang, vicepresidente globale di M&M’s.
Basta tacchi per il cioccolatino verde che indossa invece ora le sneakers ed è meno “ammiccante”, a sacrificio dell’ironia. Tutto questo per raggiungere l’inclusività.
Ma siamo sicuri che questa sia veramente la direzione da seguire per raggiungere la parità di genere? Come se essere femminili, indossare dei tacchi, fosse considerato quasi un difetto da cancellare, un minus.
Una domanda sorge quindi spontanea: perché anziché modificare i celebri personaggi, non crearne di nuovi?
Il politically correct, nato con l’obiettivo di proteggere e valorizzare le minoranze, oggi sembra andare contro sé stesso, limitando la libertà altrui. “Distruggere”, nel vero senso della parola, i simboli tradizionali non è il passo giusto da fare per combattere, come è giusto fare, le disuguaglianze.
Al concetto di politicamente corretto si è affiancato anche quello della cancel culture, un movimento che vorrebbe la cancellazione di quanto detto o fatto di sbagliato in passato (o non più conforme ai nostri tempi). La censura, come un moralismo eccessivo, si sono dimostrati non essere mai buoni consiglieri in passato.
Lo vediamo ovunque ormai: nel cinema con la “ribellione” di Carlo Vanzina, nella politica e persino nel linguaggio stesso.
Il punto è capire come rinnovare, non se rinnovare. Perché, di questo passo, il politicamente corretto – il politically correct – sta diventando sempre più politicamente (s)corretto.
di Filippo Messina
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Tag: società
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