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La Sagrada Família tocca il cielo

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La Sagrada Família tocca il cielo: fine (quasi) di un miracolo incompiuto. Dopo decenni di lavori, la torre centrale si avvicina alla sua altezza definitiva: 172,5 metri

La Sagrada Família tocca il cielo

La Sagrada Família tocca il cielo: fine (quasi) di un miracolo incompiuto. Dopo decenni di lavori, la torre centrale si avvicina alla sua altezza definitiva: 172,5 metri

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La Sagrada Família tocca il cielo

La Sagrada Família tocca il cielo: fine (quasi) di un miracolo incompiuto. Dopo decenni di lavori, la torre centrale si avvicina alla sua altezza definitiva: 172,5 metri

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Nel cuore di Barcellona, tra gru che svettano e marmi scolpiti con pazienza, la Sagrada Família racconta oltre 140 anni di sogni e di lavoro. Fra qualche mese l’eterno cantiere intorno a uno dei monumenti simbolo della città vedrà il completamento della Torre di Gesù, offrendo così un primo scorcio dell’opera immaginata da Antoni Gaudí.

La storia della costruzione di questa cattedrale iniziò nel 1883, quando la direzione dei lavori di quello che era stato pensato come un semplice tempio votivo dedicato alla Sacra Famiglia passò nelle mani di questo giovane architetto catalano, conosciuto per il suo stile fuori dagli schemi e per la profonda spiritualità. Sarà proprio lui a trasformare il progetto iniziale – del tutto convenzionale – in un’opera capace di fondere in un unico linguaggio natura, fede e architettura.

La decisione di affidargli il cantiere non fu casuale. Gaudí era già apprezzato a Barcellona per il suo talento visionario e per la capacità di creare edifici che sembravano respirare, come se fossero organismi vivi. Il suo carattere riservato, quasi ascetico, e la sua profonda devozione cattolica convinsero i promotori che fosse l’uomo giusto per un’opera destinata a incarnare valori spirituali. Da quel momento vi dedicò gran parte della vita, al punto che nei suoi ultimi anni si trasferì nel cantiere stesso, vivendo tra modelli in gesso e blocchi di pietra.

La visione di Gaudí era radicale: non voleva una chiesa che s’imponesse sulla città, ma un edificio che dialogasse con il cielo e con la natura. Le guglie, ispirate ad alberi e montagne, si innalzano come rami verso la luce; le facciate raccontano episodi biblici scolpiti con dettagli naturalistici; gli interni sono un bosco di colonne ramificate che diffondono la luce come se fosse filtrata tra le foglie. «Il mio maestro è la natura» ripeteva spesso e nella Sagrada Família questa idea prende forma concreta. L’architetto lavorò instancabilmente fino alla sua morte, avvenuta nel 1926. Lasciò incompiute molte sezioni, ma il cantiere divenne un simbolo eterno di Barcellona, un’opera che appartiene a più generazioni di artigiani e architetti.

Dopo decenni di lavori, la torre centrale dedicata a Gesù Cristo si avvicina ormai alla sua altezza definitiva: 172,5 metri. Quando sarà completata (nel giugno dell’anno prossimo, in coincidenza con il centenario della morte di Gaudí) diventerà il punto più alto della città. L’evento verrà celebrato con una messa solenne a cui parteciperanno anche rappresentanti del Vaticano, a conferma del valore universale della cattedrale. Il completamento totale dell’opera, con tutte le facciate e le decorazioni, è previsto per il 2035, se non interverranno imprevisti tecnici o intoppi di natura urbanistica.

Nel frattempo ogni anno milioni di visitatori attraversano le sue navate incompiute. Chi entra resta colpito dal gioco di luci delle vetrate colorate, dall’armonia fra elementi moderni e dettagli storici e soprattutto dalla sensazione di trovarsi dentro un’opera che non smette mai di crescere. Non mancano curiosità: Gaudí progettò l’edificio pensando persino all’acustica delle navate, in modo che il canto corale si diffondesse come un’eco naturale. E c’è chi racconta che, per immaginare le forme delle volte, appendesse fili e pesi in laboratorio creando modelli capovolti che simulavano le spinte strutturali in maniera tanto ingegnosa quanto poetica.

La Sagrada Família non è soltanto una chiesa: è un racconto di pazienza, di fede e di creatività senza tempo. Ben più di un edificio, quest’opera unica è un’idea che attraversa generazioni e continua a ispirare il mondo. Perché ogni pietra che vi viene aggiunta è un nuovo passo verso la realizzazione di una visione che ha trasformato l’architettura in preghiera e la città in simbolo universale di bellezza e spiritualità.

Di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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