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La passione, manifesto e antidoto alla mediocrità

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Questo è uno degli articoli dell’inserto speciale di sabato 2 luglio, interamente dedicato a uno degli ingredienti irrinunciabili della vita: la passione.

La passione, manifesto e antidoto alla mediocrità

Questo è uno degli articoli dell’inserto speciale di sabato 2 luglio, interamente dedicato a uno degli ingredienti irrinunciabili della vita: la passione.
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La passione, manifesto e antidoto alla mediocrità

Questo è uno degli articoli dell’inserto speciale di sabato 2 luglio, interamente dedicato a uno degli ingredienti irrinunciabili della vita: la passione.
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Scrive il poeta maledetto Charles Baudelaire che la passione è la forza primigenia e rivoluzionaria che spinge il nostro corpo e la nostra mente a cercare l’Elevazione. In psicoanalisi, Sigmund Freud ne offre una definizione illuminante: la passione basilare da cui dipende l’azione dell’uomo prende il nome di libido. Comunque la si voglia coniugare, la passione è una sorta di manifesto di coloro che non vogliono arrendersi alla mediocrità dei luoghi comuni, alla logica mielosa del pensiero dominante o del politicamente corretto, alla totale mancanza di slanci appassionati. Essa aiuta a uscire dagli schemi, a declinare sentimenti, spiritualità, conoscenza, piaceri sensoriali, impegno civile. Ci aiuta a dare luce alla nostra vita, a mostrarci la strada per cambiare il mondo. Ci offre la chiave di lettura di concetti dalla difficile definizione – come, ad esempio, la bellezza – perché, laddove non si riesca a trovarla, la passione ci spinge a raggiungerla. Nello strampalato uso che la comunicazione dei media fa della nostra nobile e bellissima lingua, il concetto di passione è ormai riferito quasi esclusivamente al contatto fisico come rappresentazione corporea delle nostre pulsioni amorose. Ma è riduttivo. Prendiamo il mondo in cui viviamo. Se ci sembra che vada al contrario, è perché ha annullato le passioni, i significati del piacere collettivo, ha mortificato la gioia dello stupore di fronte alle novità. Il progresso tecnologico è frutto della passione dello scienziato, del fisico, del matematico. Ma l’inarrestabile flusso quotidiano delle novità ne banalizza il senso. Così accade nella musica. Diceva Sting una quarantina d’anni fa: viviamo in una zona del tempo passeggera; arriveranno i nuovi Beatles e la musica tornerà a essere gioia, arte popolare. Non è accaduto perché in questi quattro decenni i giovani hanno sviluppato interessi verso asset culturali e passatempo che escludono la musica come ricerca di novità, di pulsioni forti. Che non richiedono il gusto della passione. E pensare che solo la passione può trasformare un hobby in un lavoro, perché prima che diventi tale comporta sacrifici, rinunce, privazioni economiche. E senza l’aiuto della passione risulta quasi impossibile sopportare il peso di un’esistenza che agli inizi sembra non avere prospettive. La passione è la ragione di vita dell’intellettuale. Umberto Eco ne aveva fatto il senso della sua continua inesauribile ricerca del sapere. “L’Osservatore Romano” ha riconosciuto la cifra della sua vastissima, multiforme produzione letteraria in «un desiderio vorace, instancabile, bulimico di conoscere, leggere, approfondire, attingendo direttamente alle fonti». E infine, che cosa può rappresentare la passione per l’uomo comune? Il senso della vita. Se viene a mancare, perdiamo il significato delle nostre giornate, delle nostre stesse azioni, riducendo così il passare del tempo a una misera declinazione dell’ovvio.   di Fabio Santini  

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