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Addio Cormac McCarthy, l’infelicità del Passeggero

Ieri sera è venuto a mancare, all’età di 89 anni, il grande scrittore americano Cormac McCarthy. Noi lo vogliamo ricordare con questo articolo di Hilary Tiscione
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Addio Cormac McCarthy, l’infelicità del Passeggero

Ieri sera è venuto a mancare, all’età di 89 anni, il grande scrittore americano Cormac McCarthy. Noi lo vogliamo ricordare con questo articolo di Hilary Tiscione
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Addio Cormac McCarthy, l’infelicità del Passeggero

Ieri sera è venuto a mancare, all’età di 89 anni, il grande scrittore americano Cormac McCarthy. Noi lo vogliamo ricordare con questo articolo di Hilary Tiscione
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Ieri sera è venuto a mancare, all’età di 89 anni, il grande scrittore americano Cormac McCarthy. Noi lo vogliamo ricordare con questo articolo di Hilary Tiscione
Ieri sera è venuto a mancare, all’età di 89 anni, il grande scrittore americano Cormac McCarthy. Noi lo vogliamo ricordare con questo articolo di Hilary Tiscione. Bobby Western divide la stanza con il gatto Billy Ray, s’immerge nelle acque buie al largo della costa del Mississippi, a volte è un ficcanaso, non ammette corteggiatrici. Ama una donna morta. Cormac McCarthy, premio Pulizer conLa Strada”, dopo un lungo silenzio è tornato con il suo ultimo romanzo – “Il Passeggero” (Einaudi) – che ci porta nella vita di un sommozzatore sensibile, un “accumulatore d’infelicità” forse, ma anche un uomo di seducente temerarietà. «Spesso gli uomini brillanti hanno da portare un bel fardello» dice John Sheddan, uno dei personaggi più significativi di questa storia, al pari quasi del giudice Holden in “Meridiano di sangue” (considerata la sua opera più complessa e grandiosa). Come suggerito da questo filosofo del vero che parla del rimpianto, degli orrori del passato, dell’insorgere della notte universale quando sarà finalmente riconosciuta come irreversibile, Bobby porta il fardello delle persone giuste con la sua nobile pena. D’altronde, «senza malfattori il mondo dei giusti è completamente spogliato di senso». McCarthy mette in scena il ritrovamento di un aereo adagiato sul fondale, con dentro i corpi gonfi di nove defunti (dove si nasconde la decima persona scomparsa?) e la missione di un uomo onesto al contempo sospetto, figlio di un fisico che ha contribuito all’invenzione della bomba atomica. E rappresenta ancora una volta, attraverso dei dialoghi affilati, il contatto fra le sordidezze del mondo e le sue benevoli ragioni, fra la noia dilagante e la solerzia delle menti più dotate. Antinomie intriganti anche nella costruzione dei personaggi: le riflessioni fiume di John sono come stoccate alle risposte concise di Bobby, anche dotate di un certo sarcasmo che ricorda il glorioso Marlowe di Raymond Chandler. Questa volta non c’è il deserto pietroso del Texas, il vento rosso che soffia da Ovest, non ci sono agavi polverose e brulle colline all’orizzonte descritte nella “Trilogia della frontiera”. Neppure alberi che scintillano nell’aria torrida e il sole che s’immerge oltre il margine frastagliato della terra. Non ci sono colonne scanalate di cactus che fluttuano in Messico, ma nell’impresa articolata di questo attesissimo romanzo fatto di luoghi nuovi spiccano le dinamiche dell’esistenza e l’impeto del cordoglio che è la materia della vita. E così McCarthyuno dei più grandi scrittorici ha consegnato un altro capolavoro, un universo narrativo denso di realtà e riflessioni. Si è confermato in grado di portare avanti una carriera fatta di miracoli e avvolta dal mistero che fa di quest’uomo una delle personalità letterarie più oscure e affascinanti di sempre. Diventerà un film anche questo libro? Intanto restiamo in attesa di “Stella Maris”, che continua le vicende di Bobby e di sua sorella Alicia. Che sia questa di Cormac la “via per l’infinito”?   di Hilary Tiscione

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