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Blacksad

Blacksad, quel noir con il pelo lungo

Il micesco investigatore John Blacksad: sguardo duro, occhi penetranti, sigaretta accesa in bocca e linea di fumo a dividere il volto dell’eroe

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Blacksad, quel noir con il pelo lungo

Il micesco investigatore John Blacksad: sguardo duro, occhi penetranti, sigaretta accesa in bocca e linea di fumo a dividere il volto dell’eroe

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Blacksad, quel noir con il pelo lungo

Il micesco investigatore John Blacksad: sguardo duro, occhi penetranti, sigaretta accesa in bocca e linea di fumo a dividere il volto dell’eroe

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Il micesco investigatore John Blacksad: sguardo duro, occhi penetranti, sigaretta accesa in bocca e linea di fumo a dividere il volto dell’eroe

Prendi Humphrey Bogart in “Casablanca” – trench, cappello e tutto il resto – e mettigli la faccia del tuo gatto. Per il suo mondo, ispirati ai classici della prosa noir. Se non è il concept originale del fumetto “Blacksad”, poco ci manca.

Nell’ottobre del 1990 lo sceneggiatore Juan Díaz Canales incontrò il talentuoso disegnatore Juanjo Guarnido mentre entrambi lavoravano negli uffici dello studio d’animazione iberico Lápiz Azul. Entrambi spagnoli, il granadino Guarnido aveva iniziato la sua carriera come fumettista (arrivando a disegnare anche per la Marvel statunitense) deviando poi sull’animazione per sbarcare il lunario: lavorando in Disney al film “Il Gobbo di Notre Dame” e animando il personaggio di Ade in “Hercules” nonché due animali diversi per “Tarzan”. Una carriera di tutto rispetto, sebbene da ‘numerario’ dell’immenso esercito di professionisti impiegati nei film disneyani. Il madrileno Díaz Canales ha invece fondato Tridente Animation, una società per la produzione di cartoni animati che lo ha portato a collaborare anche con la Lápiz Azul.

Proprio negli studi di quest’ultima presenta quasi per gioco a Guarnido il progetto di un fumetto di stile realistico che ha protagonista un gatto nero antropomorfo caratterizzato come un detective sullo stile dei gialli hard boiled. La scelta del mercato francese per il loro prodotto è naturale, dato che le dimensioni della bande dessinée permettono sia compensi ragionevoli sia formati di pubblicazione ragguardevoli capaci di valorizzare i virtuosismi grafici.

Certo, nessuno di loro due può in quel momento immaginare il successo che li attende. Lo stesso Guarnido deve insistere per anni con Díaz Canales – assai scettico sulle possibilità redditizie del mercato del fumetto – perché sviluppi la sceneggiatura della prima storia di “Blacksad”. Quanto a lui, disegna con una cura straordinaria la presentazione del progetto tanto che alle soglie del 2000 sono tre dei maggiori editori parigini a contendersi i diritti dell’opera. Fra Casterman, Delcourt e Dargaud è quest’ultimo che alla fine se li aggiudica, dimostrando fiuto editoriale. Il primo volume, dal suggestivo titolo “Da qualche parte fra le ombre”, va esaurito immediatamente e presto viene stampato persino un making of per venire incontro ai desideri del pubblico.

Sulla copertina, campeggia il muso – letteralmente – del micesco investigatore John Blacksad. Sguardo duro, occhi penetranti, sigaretta accesa in bocca e linea di fumo a dividere il volto dell’eroe. Francamente rischia persino di essere ridicolo, ma caricare fino al parossismo il personaggio di stilemi noir si bilancia ottimamente con lo zoo in cui è trasformata questa versione alternativa degli Stati Uniti. Questo perché – anche se all’apparenza appaiono come gatti, cani, lontre e qualsiasi altro ospite dell’arca di Noè – i personaggi di Juan Díaz Canales sono assolutamente umani. La loro animalità è un vezzo estetico che rinfresca trame che seguono manieristicamente i topos della scrittura del genere giallo, confermando cliché e riflessi pavloviani che giungono come un familiare bagno caldo per i fan dei protagonisti dei romanzi di Raymond Chandler o Dashiell Hammett. Un’operazione forse fin troppo conservativa dal lato della scrittura, ma che dimostra come talvolta il pubblico abbia semplicemente bisogno di una nuova veste per amare i suoi affetti stabili (persino intellettuali). In questo caso, una pelliccia d’un nero assai oscuro.

di Camillo Bosco

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