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La palude di Pogo

L’opera di Walter Kelly e il suo fumetto “Pogo” tra critica sociale e umorismo arcadico.
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La palude di Pogo

L’opera di Walter Kelly e il suo fumetto “Pogo” tra critica sociale e umorismo arcadico.
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La palude di Pogo

L’opera di Walter Kelly e il suo fumetto “Pogo” tra critica sociale e umorismo arcadico.
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L’opera di Walter Kelly e il suo fumetto “Pogo” tra critica sociale e umorismo arcadico.
Al lettore italiano il fumetto “Pogo” potrebbe apparire come la striscia di un personaggio Disney poco conosciuto. Non sarebbe un’impressione bislacca dato che il suo autore, Walter Kelly, lavorò per sei anni negli studios di Walt Disney. Dal 1935 fu coinvolto nella lavorazione di titoli del calibro di “Pinocchio”, “Fantasia” e “Dumbo” per poi licenziarsi in occasione dello sciopero degli animatori del 1941. Le paghe disomogenee e le ritorsioni antisindacali spinsero infatti Kelly alla ricerca di un ambiente meno caotico e fu così che approdò in quello stesso anno nella casa editrice newyorkese Dell Comics, realizzando le sue prime storie per la rivista a fumetti “Animal Comics”. Cambiato l’editore ma non la mano, le linee tondeggianti e il dinamismo armonioso dei suoi disegni vennero comunque notate da un pubblico statunitense già abituato ad associarle a un pregiudizio positivo data la qualità dei prodotti della società di Topolino. Negli episodi di allora Pogo l’opossum e Alberto l’alligatore erano però soltanto le spalle comiche del protagonista Bumbazine, un bimbo di colore che abitava la palude davvero esistente di Okefenokee (dalla parola del dialetto amerindo hitchiti oki fanôːki, “acqua ribollente”) con loro e tanti altri animali parimenti parlanti e antropomorfi. Situata al confine tra la Florida e la Georgia, la palude era il luogo ideale dove ambientare storie comiche imperniate sulla genuinità e tontoloneria degli arretrati abitanti del Sud degli Stati Uniti, in questo caso addirittura appartenenti alla sottocategoria di swamper (abitanti della palude). Bumbazine ebbe però vita breve come prim’attore, dato che Walter trovava più difficile scrivere battute per un bimbo vero, mentre i comprimari acquisivano via via più spazio. Per paradosso l’inverosimiglianza dei personaggi li rendeva migliori interpreti di osservazioni taglienti, battute ironiche e gag slapstick così come anche di piccole perle di rara poesia come questo scambio tra Pogo e Alberto: «Come si capisce quando si è adulti?» chiede l’alligatore; «Quando diventi capace di guardarti alla spalle senza dare peso ai tuoi errori» risponde l’opossum. Nel 1948, dopo la pausa della Seconda guerra mondiale, Walter divenne art director del neonato “New York Star” e ne approfittò subito per trasferirci il suo Pogo come striscia. Una mutazione che sopravvivrà allo stesso giornale – chiuso nel gennaio dell’anno dopo – grazie all’interessamento del Post-Hall Syndicate che consacra l’opera di Kelly a vera e propria striscia ‘sindacata’, pronta quindi alla diffusione su tutti i quotidiani del Paese. In questa nuova veste Kelly si permette anche di ospitare personaggi che richiamano personalità discusse quali Richard Nixon (“Sam il ragno”), il suo vice Spiro Agnew (come iena in divisa militare), Nikita Chruščëv (nei panni di un maiale vestito da pirata) e persino Fidel Castro (nelle sembianze di una capra agit-prop). Fu però quando incluse anche il senatore McCarthy come Simple J. Malarkey che alcuni direttori preferirono proteggerlo sotto il diritto di satira trasferendolo nelle pagine degli editoriali. Anche a forza di queste controversie, Pogo raggiunse intorno al 1955 il picco della popolarità arrivando a toccare – su quasi 450 diverse pubblicazioni – i 37 milioni di lettori, disposti a seguire fedeli il suo delicato misto di critica sociale e umorismo dal sapore arcadico. Un equilibrio infranto nel 1973 dalla morte di Walter Kelly dovuta a complicanze del diabete e di cui ben due falliti tentativi di prosecuzione (subito dopo la scomparsa e nel 1989) hanno dimostrato l’irripetibilità. di Camillo Bosco

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