“La vita normale”, il nuovo libro di Yasmina Reza
“La vita normale”, il nuovo libro di Yasmina Reza non è un romanzo e neppure una raccolta di racconti: è un canto libero che accoglie le esperienze delle vite che hanno ispirato il suo pensiero
“La vita normale”, il nuovo libro di Yasmina Reza
“La vita normale”, il nuovo libro di Yasmina Reza non è un romanzo e neppure una raccolta di racconti: è un canto libero che accoglie le esperienze delle vite che hanno ispirato il suo pensiero
“La vita normale”, il nuovo libro di Yasmina Reza
“La vita normale”, il nuovo libro di Yasmina Reza non è un romanzo e neppure una raccolta di racconti: è un canto libero che accoglie le esperienze delle vite che hanno ispirato il suo pensiero
Quello di Yasmina Reza non è un romanzo, neppure una raccolta di racconti: è un canto libero che accoglie le esperienze delle vite che hanno ispirato il suo pensiero. Sono frammenti di umanità, scorci di vissuto che lasciano il lettore libero di immaginare cosa c’è stato prima di quel momento fotografato sulla pagina e cosa seguirà dopo.
L’autrice della famosa pièce teatrale “Il Dio del massacro” (da cui Roman Polanski ha realizzato nel 2011 la versione cinematografica “Carnage” con un cast stellare) adesso torna con “La vita normale”, edito in Italia da Adelphi. La famosa drammaturga francese trova nel tribunale un luogo molto ricco di osservazione dell’umano: io osservo, riporto, poi sta a voi fare l’esperienza di ciò che ho sentito il bisogno di trasferire. Ci sono punti come questo: «La querelante dice che l’ha fatta scendere dal letto e l’ha scaraventata nel corridoio». L’uomo ribatte: «No, non l’ho scaraventata, ce l’ho spinta. Ha studiato legge quella, le conosce bene le parole giuste da dire». Cosa succede in questo capitolo dal titolo “Mandato in bestia”? Cosa succede fra la vittima e il suo aggressore? Gli insulti e le cadute di stile nella sfera intima appartengono al registro della violenza? Sta al lettore stabilirlo.
Troviamo gocce di atropina versate nella bottiglia d’acqua minerale di Suzanne Bailly per mano di Olivier Cappelaere condannato poi all’ergastolo; troviamo le peripezie di un giovane arrestato a Parigi per traffico di stupefacenti: si rifiuta di mostrare il telefono sostenendo ci siano delle foto della madre senza veli. La procuratrice dice che la scusa non regge: «Crede che ai poliziotti gliene importi qualcosa della faccia di sua madre?». Mentre la corte delibera, il giovane e la madre stanno seduti fuori dal tribunale, su una panchina e la Reza scrive: «La loro immobilità mi fa pensare a quella dei gabbiani sopra la vasca ghiacciata del Jardin du Luxembourg. Identici alle statuette color brina, tutte intente a scrutare il medesimo vuoto lontano».
Troviamo, in queste 193 pagine, la materia dei grandi narratori. Yasmina alterna dialoghi secchi a momenti di lirismo e pura bellezza, descrizioni dettagliatissime dei volti, dei corpi, degli indumenti di tutti quelli che passano attraverso il suo sguardo, sempre affamato di dettagli. È questa la vita normale: i momenti d’attesa tra una sentenza e un’altra, tra decisioni fondamentali e il semplice canto di un’amica che scende le scale mentre dopo una serata ‘normale’ si allontana dal tuo appartamento. «Stai cantando?». «No, no» fa l’amica. «È un errore! Mi stavo giusto chiedendo: ma che hai da cantare?».
All’esperienza fatta in tribunale si alternano anche momenti della sua vita privata, per esempio in un capitolo descrive una camminata a Berlino sul Lungospree con il suo agente di ottantun anni; di lui descrive «l’andatura claudicante che di colpo si chiamava vecchiaia. Quella cifra che di colpo significava assenza di futuro». Ecco che la Reza ti inchioda, con dei colpi da maestra ormai ben noti.
Un’altra riflessione apprezzabile: chi ha detto che non possiamo avere degli amici che non abbiamo incontrato da vivi? È possibile avere amici morti? «La loro compagnia, riunita in un aldilà qualsiasi, mi rende tollerabile la morte». L’autrice immagina di essere amica della fotografa Diane Arbus, morta suicida nel 1971. «In un’immobilità quasi costante e in penombre vuote ha fotografato esseri soli, arresi alla fatica di sopravvivere, solitudini truccate ricoperte dai mille orpelli dell’apparire». Questo è uno di quei passaggi che so che ricorderò a lungo e in questa loro permanenza anche i libri possono essere amici, alleati, compagni di vita.
Di Hilary Tiscione
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche