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Le molte vite di Robin, il Pettirosso di Batman

Se si deve fornire una prova della potenza iconica del fumetto, il caso di Robin è esemplare. Tanto più che persino nel mondo di Batman, il nome è più una carica che un personaggio

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Le molte vite di Robin, il Pettirosso di Batman

Se si deve fornire una prova della potenza iconica del fumetto, il caso di Robin è esemplare. Tanto più che persino nel mondo di Batman, il nome è più una carica che un personaggio

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Le molte vite di Robin, il Pettirosso di Batman

Se si deve fornire una prova della potenza iconica del fumetto, il caso di Robin è esemplare. Tanto più che persino nel mondo di Batman, il nome è più una carica che un personaggio

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Se si deve fornire una prova della potenza iconica del fumetto, il caso di Robin è esemplare. Tanto più che persino nel mondo di Batman, il nome è più una carica che un personaggio

Se si deve fornire una prova della potenza iconica del fumetto, il caso di Robin è esemplare. Tanto più che persino nel mondo di Batman, il nome è più una carica che un personaggio. Il Pettirosso (tale è infatti la traduzione dall’inglese) è l’aiutante dell’uomo-pipistrello qualsiasi persona ne vesta la maschera. E non sono state poche, nella già assai numerosa bat-famiglia. Aiutante per antonomasia, chiunque segua e assista un ‘cavaliere nero’ si può quindi sentire un Robin. 

Potrebbe anche venire in mente – nell’ambito degli archetipi – il picaresco e globoso Sancho Panza, argine alle follie dell’hidalgo (cavaliere) fuori tempo massimo Don Quijote de la Mancha, e in effetti anche Robin è un argine alla lucida follia di Bruce Wayne. D’altronde, cosa ricorda più i mulini a vento che la pretesa di abbassare a cazzotti i tassi di criminalità di una metropoli? Soprattutto il costume verde-rosso-giallo del giovane Dick Grayson (prima incarnazione del personaggio) è studiato per bilanciare il nero assoluto, d’aspetto e di spirito, del vigilante mascherato da chirottero. I fumettisti Bob Kane, Bill Finger e Jerry Robinson lo introducono nel numero 38 di “Detective Comics” nell’aprile 1940 proprio per attrarre un pubblico più giovane. L’intento, ad appena un anno dall’esordio dello stesso Batman, riesce perfettamente e il fumetto del “crociato incappucciato” diventa presto quello del “dinamico duo”.

Il look della nuova spalla è vagamente ispirato a quello di un altro Robin molto famoso, l’immaginario e nobile Hood della foresta di Sherwood che Robinson incontra per caso in un libro illustrato. Finger però ci arriva per analogia: sebbene siano ammessi soliloqui e didascalie (cioè i testi nei rettangoli spesso usati nei fumetti per dare spazio ai pensieri dei protagonisti), ogni investigatore prima o poi ha bisogno di un sidekick a cui spiegare le sue deduzioni senza sembrare un eccentrico sempre intento a parlare da solo. Uno degli esempi di questa necessità narrativa a cui Finger ha ammesso di essersi ispirato è il Dottor Watson di Sherlock Holmes. Allontanandoci dagli investigatori e avvicinandoci al fumetto italiano moderno, un altro esempio di tale escamotage per rendere più naturali e godibili i dialoghi è certamente l’Armadillo di Zerocalcare.

Robin ha così tanto successo da rompere persino un tabù sacro dei fumetti, cioè la ‘sindrome di Dorian Gray’ di cui gode ogni proprietà intellettuale di successo. Come il ritratto nel romanzo di Oscar Wilde, solitamente il pubblico invecchia leggendo le avventure di eroi immarcescibili sempre identici a loro stessi. Dick Grayson, il primo Robin, invece cresce. Al contrario di Batman subisce una metamorfosi, diventa adulto e s’inventa come nuovo supereroe chiamato Nightwing.

Dopo Grayson è quindi il turno di un altro orfano di acrobati chiamato Jason Todd. Le somiglianze tra il primo e il secondo Robin sono volute, proprio per impedire la perdita di lettori per il cambio nel numero 357 di “Batman” nel 1983. La sua storia viene poi rivista in un maxi evento multidimensionale e viene addirittura ucciso con un televoto dei lettori da Joker, l’arcinemico di Batman. Resuscitato, stavolta matura in un anti-eroe di nome Red Hood.

Il posto pare non possa rimanere vacante e quindi è la volta, l’anno dopo la morte di Todd, di Tim Drake. Stavolta però Drake ‘riempie’ il personaggio di Robin portandolo a una progressiva autonomia dal mentore, persino a livello investigativo. Quando lascia Batman si aggiunge infine il figlio che Bruce Wayne ha avuto con la sua nemica-amante Talia al Ghul. Damian Wayne è stato cresciuto dalla mamma come un sicario della Lega degli Assassini di cui lei fa parte, diventando quindi un Robin molto più oscuro e problematico dei precedenti. Il già nutrito elenco delle iterazioni di questa maschera è comunque molto più lungo, includendo apparizioni speciali e versioni degli universi paralleli: tutto a dimostrazione di come l’aggiunta del giovane aiutante di Batman sia risultata superiore alla somma delle due parti.

di Camillo Bosco

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