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“Life”, la vita che rinasce

Il magazine americano per eccellenza, sorto nel 1936 e chiuso nel 2007, forse già dal prossimo marzo tornerà nelle edicole per esordire anche in Rete

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“Life”, la vita che rinasce

Il magazine americano per eccellenza, sorto nel 1936 e chiuso nel 2007, forse già dal prossimo marzo tornerà nelle edicole per esordire anche in Rete

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“Life”, la vita che rinasce

Il magazine americano per eccellenza, sorto nel 1936 e chiuso nel 2007, forse già dal prossimo marzo tornerà nelle edicole per esordire anche in Rete

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Il magazine americano per eccellenza, sorto nel 1936 e chiuso nel 2007, forse già dal prossimo marzo tornerà nelle edicole per esordire anche in Rete

Era il simbolo del giornalismo fotografico. Carta pregiata, grafica e iconografia raffinatissime: ogni istantanea un personaggio, una storia, una notizia epocale. Una realtà non edulcorata, ma rappresentata con classe da immagini che parlavano da sole, raccontando più delle parole. Tra gli altri, fotografi come Robert Capa, Henri Cartier- Bresson e Robert Doisneau. Un modello esclusivo, quasi un prototipo: quel primo vero rotocalco globale che presto avrebbe suscitato ovunque infinita emulazione. Punte massime, negli anni d’oro, di oltre cinque milioni di copie vendute. Parliamo di “Life”, il magazine americano per eccellenza, sorto nel 1936 e chiuso nel 2007, che forse già dal prossimo marzo tornerà nelle edicole per esordire anche in Rete. Sfogliare il suo ricchissimo archivio figurativo, ora accessibile in Internet, ci apre a una completa panoramica del Novecento. Lo sbarco in Normandia, la Guerra fredda, Kennedy, Marilyn, l’uomo sulla Luna, le rivolte dei neri, il Vietnam. Life, cioè vita: l’esistenza umana, felice o tragica, ripresa dal teleobiettivo di una classica America d’antan, ancora fiera di identità anglosassone, tra John Wayne e Cadillac esagerate. Una finestra sul cortile del mondo. In Italia – per eleganza, veste e qualità di contenuti – la rivista più vicina a quella formula è stata “Epoca”, con cui del resto la stesso rotocalco americano aveva frequente interazione. Ora, il ritorno di “Life” non potrà ridursi a una nostalgica operazione di nicchia, dato l’impegno e la forza dei nuovi editori (Bedford Media e Dotdash Meredith): piuttosto, per la duplice diffusione cartacea e digitale, conferma un certo generale distacco dal monopolio web, non solo nell’editoria: non proprio una controrivoluzione, ma una certa distanza dai comodi automatismi dell’informatica (e-book, audiolibri). Si riafferma l’ineffabile profumo della carta e la tenace vitalità di tutto un mondo – già in grave disarmo – di edicole, librerie e biblioteche. Così, la forte scommessa della rinata “Life” punta anche su questa idea di temps retrouvé o (aggiornato) ritorno alle origini. Un fenomeno commerciale e sentimentale che investe vari settori.

Per esempio, in campo musicale è in atto un certo ritorno alle antiche audiocassette e al disco in vinile (Lp e 45 giri), di cui si rivaluta il timbro caldo e pastoso, rispetto a certi riverberi un po’ metallici del Cd. Idem per la fotografia, con la Leica che riprende la grande produzione di macchine a rullino. Allo stesso smartphone si addebitano ogni sorta di alienazioni, dipendenze e cortocircuiti cerebrali. Ora c’è un Alain Betton, filosofo-tuttologo americano, responsabile di un manualetto dal titolo “Phone Detox”, che dovrebbe salvarci i neurotrasmettitori dall’eccesso di dopamina da cellulare. Sherry Turkle, sociologa, rincara la dose con un pamphlet monografico, “Alone together”, ovvero insieme ma soli: collegati senza legami, isolati nel vuoto emotivo del digitale. «Stiamo perdendo la realtà» conclude apocalittico Marcello Veneziani.

Fuga dall’informatica? Neoumanismo post tecnologico? Se il problema è un horror vacui da web per carenza di corpi tangibili, ci salverà la nuova “Life”, o vita nuova, con i suoi consistenti fascicoli di cellulosa patinata.

Di Gian Luca Caffarena

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