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Pasolini intellettuale eretico e piccolo borghese

Pier Paolo Pasolini non amava Salvatore Quasimodo e nel corso della sua vita più volte ebbe modo di esprimere stroncature sulla sua poesia. Ma c’è un biglietto inviato proprio allo scrittore siciliano che appare decisamente insolito.
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Pasolini intellettuale eretico e piccolo borghese

Pier Paolo Pasolini non amava Salvatore Quasimodo e nel corso della sua vita più volte ebbe modo di esprimere stroncature sulla sua poesia. Ma c’è un biglietto inviato proprio allo scrittore siciliano che appare decisamente insolito.
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Pasolini intellettuale eretico e piccolo borghese

Pier Paolo Pasolini non amava Salvatore Quasimodo e nel corso della sua vita più volte ebbe modo di esprimere stroncature sulla sua poesia. Ma c’è un biglietto inviato proprio allo scrittore siciliano che appare decisamente insolito.
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Pier Paolo Pasolini non amava Salvatore Quasimodo e nel corso della sua vita più volte ebbe modo di esprimere stroncature sulla sua poesia. Ma c’è un biglietto inviato proprio allo scrittore siciliano che appare decisamente insolito.
«Adesso non faccio altro che studiare e leggere. Ho letto “Le Occasioni” di Montale che mi è piaciuto ma non mi ha entusiasmato, entusiasmato mi ha invece la traduzione di Quasimodo di lirici greci». «Ho una voglia immensa di leggermi tutto Quasimodo, il cui tono mi sembra più valido e duraturo della nostra poesia contemporanea per la sua maggior misura classica…». A dispetto di queste affermazioni, che si leggono in due lettere all’amico Franco Farolfi, datate rispettivamente settembre 1940 e 20 agosto 1941Pier Paolo Pasolini non amava Salvatore Quasimodo e nel corso della sua vita più volte ebbe modo di esprimere stroncature sulla poesia del siciliano, raccolte e riassunte nel 2001 da Plinio Perilli nel saggio “Quasimodo: dal Nobel alla gogna senza fine”. Dopo l’assegnazione del Nobel a Quasimodo nel dicembre del 1959, Pasolini scriveva questo epigramma: «Prima del Nobel c’era su di te un silenzio sepolcrale: / oggi di te un po’ si parla: ma solo per dirne male». Sul periodico “Gente” del 17 novembre 1975, Pasolini, interrogato poco prima della morte su chi siano i grandi poeti, sfiorava l’invettiva antiquasimodiana: «In Italia il più grande poeta è Sandro Penna, mentre uno dei peggiori è Salvatore Quasimodo». Alla luce di questi giudizi, insolito appare il biglietto che Pasolini inviò il 16 giugno del 1959 al poeta de “L’isola impareggiabile” affinché in qualità di giurato votasse per il romanzo “Una vita violenta”, candidato al Premio Strega di quell’anno, poi assegnato postumo al principe siciliano Giuseppe Tomasi di Lampedusa autore de “Il Gattopardo”: «Caro Quasimodo, sono qui in lotta, puramente meccanica, preda di un automatismo letterario-mondano in cui mi muovo assurdamente, a darmi da fare per il Premio Strega. È già impegnato il suo voto? Posso sperare che lo dia al mio libro? Mi perdoni – e dimentichi subito questo biglietto! – I più cordiali saluti dal suo Pier Paolo Pasolini». A questo biglietto imbarazzato nel chiedere e dettato dal desiderio legittimo di vincere il prestigioso riconoscimento letterario e incassare il sostanzioso assegno di un milione di lire, Quasimodo rispose il giorno seguente con questo telegramma: «Conti senz’altro mia adesione Cordialmente Quasimodo». Grande autore, intellettuale e personaggio del Novecento, Pasolini nella sua vita è stato un instancabile tessitore di amicizie e relazioni letterarie, e ha inseguito in maniera frenetica il successo anche quando questo l’obbligava ad assumere comportamenti che stridevano con le posizioni di chi, attraverso la scrittura e il cinema, mirava a fustigare il perbenismo piccolo borghese degli italiani.   di Lorenzo Catania

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