La risposta a questo interrogativo si trova in un luogo preciso, sulla costa settentrionale della Sicilia, a metà strada tra Messina e Palermo, su una deliziosa collinetta sul mare, di fronte alle isole Eolie, a Villa Piccolo, nel territorio di Capo d’Orlando.
L’edificio costruito alla fine del 1800 è incastonato, come una gemma preziosa, in un lussureggiante giardino, circondato da un parco di venti ettari di ulivi e agrumi.
Foto: Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella
La bellezza di questa villa è significativa ma la sua particolarità non sta nel genio dell’architetto o nella generosità della Natura.
A Villa Piccolo, dagli anni trenta del novecento, vissero per quarant’anni gli ultimi “gattopardi” di Sicilia. Figli di Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò, discendente di un’antica e nobilissima casata che aveva annoverato Vicerè di Sicilia, al tempo dei Borbone, i tre fratelli Casimiro, Agata Giovanna e Lucio Piccolo di Calanovella dedicarano la loro vita alle arti e alla ricerca di ciò che loro stessi chiamavano “l’essenzialità”.
Casimiro, barone di Calanovella, il maggiore tra i fratelli, si dedicò alla fotografia, alla pittura e alla ricerca esoterica. Fotografava per fermare il tempo ed esorcizzare la morte ma anche per immortalare la bellezza di un rospo insolitamente esposto al Sole. Tra le foto più interessanti, negli anni ’50, vent’anni prima dei “Paesaggi TV” di Mario Schifano, il barone di Calanovella fotografava il cinescopio che trasmetteva la prima edizione di Canzonissima. Dipingeva maghi, gnomi, coboldi, spiriti elementali, in un figurativo onirico e fiabesco, con una tecnica di acquerello, affinata in anni di costante sperimentazione; venti di quegli acquerelli sono oggi esposti a Sutri (Vt), in una mostra curata da Vittorio Sgarbi.
Foto: Casa Museo
Agata Giovanna dedicò la sua vita alla botanica, ideò e realizzò due splendidi giardini “magici”, nei quali, prima in Europa, mise a dimora e coltivò, tra le numerose altre, una rarissima pianta proveniente dalle Ande, la Puya berteroniana, che ancora oggi regala i suoi meravigliosi fiori, dai colori cangianti e indefinibili, a tutti gli ospiti della Villa.
Lucio, il poeta celebrato da Eugenio Montale, compositore di liriche ricercate e raffinatissime, gareggiava con il cugino Giuseppe Tomasi di Lampedusa a scoprire per primo nuovi talenti letterari europei e a introdurli tra i salotti letterari palermitani. Fu grazie a Lucio se Tomasi di Lampedusa si decise a scrivere il romanzo italiano più famoso nel mondo, tradotto in tutte le lingue, compreso il coreano.
Tomasi di Lampedusa soggiornava spessissimo nella villa dei suoi cugini a Capo d’Orlando e qui trovò ispirazione per scrivere tantissime pagine della sua opera più famosa; dalla finestra nella stanza ove dormiva, che oggi è conservata esattamente come negli anni cinquanta, l’unica isola dell’arcipelago eoliano visibile era proprio l’isola di Salina.
I Piccolo, dal canto loro, dedicarono la vita allo studio, chiudendosi in questa Villa che costituiva, al tempo stesso, un eremo ma anche un “ingresso di paesaggi”. Questa Villa, oggi adibita a Casa-museo, è una macchina del tempo che consente di tornare a quei favolosi anni cinquanta e assaporare la vita degli ultimi gattopardi, che si dedicarono all’otium e cercarono, ciascuno nel proprio campo di elezione, di raggiungere un più alto livello di consapevolezza. Essi furono gli ultimi a permettersi di opporre l’otium al negotium, come avevano fatto Orazio, Cicerone e Ovidio. Un privilegio inimmaginabile per noi uomini del terzo millennio.
Villa Piccolo è un metaluogo, dove elementi materiali e immateriali raccontano la storia (poco nota) di una Sicilia europea ed europeista prima del manifesto di Ventotene ma contemporaneamente anche greca e mediterranea. Villa Piccolo regala un’esperienza e un’emozione, perché incarna un aspetto insolito della variegata Identità siciliana.
di Andrea Pruiti Ciarello
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