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Armani, novant’anni da re

Oggi Giorgio Armani compie 90 anni. In oltre mezzo secolo da protagonista, ha saputo applicare la propria visione a ogni ambito in cui si è cimentato

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Armani, novant’anni da re

Oggi Giorgio Armani compie 90 anni. In oltre mezzo secolo da protagonista, ha saputo applicare la propria visione a ogni ambito in cui si è cimentato

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Armani, novant’anni da re

Oggi Giorgio Armani compie 90 anni. In oltre mezzo secolo da protagonista, ha saputo applicare la propria visione a ogni ambito in cui si è cimentato

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Oggi Giorgio Armani compie 90 anni. In oltre mezzo secolo da protagonista, ha saputo applicare la propria visione a ogni ambito in cui si è cimentato

Per le strade della Milano del 1980 c’è un americano armato di macchina fotografica. Si chiama Charles Traub, fa il fotografo per “Life”. Si trova nel nostro Paese a causa di un film, su ordine del suo direttore Philip Kunhardt. La pellicola in questione è “American Gigolò”, protagonista Richard Gere: Kunhardt l’ha visto ed è rimasto conquistato dallo stile degli abiti del protagonista, disegnati da uno stilista piacentino di nome Giorgio Armani. E quindi ha spedito il suo reporter in Italia, perché vuole scoprire qualcosa di più sull’influenza che quel designer sta esercitando sul mondo della moda. In quel momento storico Armani è l’uomo che sta ridisegnando le tendenze che varranno non solo per quel decennio appena cominciato, ma anche per quelli successivi.

E pensare che all’inizio la storia avrebbe potuto prendere tutt’altra piega. L’arrivo a Milano di Armani non aveva avuto infatti niente a che fare con la moda: nel capoluogo lombardo il futuro ‘re Giorgio’ era giunto per iscriversi a Medicina. Ma due anni dopo, trovato lavoro come vetrinista alla Rinascente, aveva iniziato a sviluppare una propria visione. Talmente innovativa che, nel 1964, lo aveva chiamato Nino Cerruti per offrirgli la collaborazione con la prima fabbrica di prêt-à-porter elegante da uomo: la Hitman. I risultati erano stati tali che dieci anni dopo Armani aveva visto sfilare a Palazzo Pitti la sua prima collezione a propria firma, che aveva conquistato il pubblico per la sua innovatività. Era stato l’inizio dell’ascesa dell’ex aspirante medico.

Ma torniamo agli anni Ottanta. Il brand cresce e propone un’interpretazione della sartorialità completamente diversa. Le giacche vengono ad esempio destrutturate, pur mantenendo una propria linearità, applicando all’abbigliamento alcune delle nozioni apprese durante gli studi di chirurgia. Nascono il ‘blu Armani’ e il ‘greige’, tonalità a metà fra grigio e beige che diviene il leit motiv di ogni sua collezione. Altro elemento che conquista è la tendenza all’androginia (ispirata a Marlene Dietrich) che abbatte definitivamente i confini di genere per «usare in modo femminile argomenti maschili», come lui stesso affermerà. In una commistione di stili, che guarda alla sartoria inglese così come alle culture orientali, il marchio riesce a ridefinire i canoni stilistici lungo quattro decenni.

Dopo “American Gigolò” il cinema lo elegge a principale fonte di ispirazione. Armani non solo veste le star di Hollywood, ma mette la sua firma sul look dei protagonisti di alcuni fra i più grandi successi degli ultimi quarant’anni, da “Gli Intoccabili” a “Il lupo di Wall Street”. Anche lo sport si rivolge a lui: sono griffate Armani le divise del Napoli, del Piacenza, del Chelsea, della Nazionale inglese e della spedizione azzurra alle Olimpiadi. Nel 2008 rileva lui stesso la proprietà dell’Olimpia Milano di basket e mostra un altro lato del suo straordinario talento manageriale, riuscendo a riportare la squadra milanese alla vittoria in campionato nel 2014, aprendo un ciclo vincente che dura ancora oggi.

Oggi Giorgio Armani compie 90 anni. In oltre mezzo secolo da protagonista, ha saputo applicare la propria visione a ogni ambito in cui si è cimentato. Ridefinendone i confini o disegnandone di nuovi, costantemente proiettato verso la prossima conquista. Dando a noi l’opportunità di vivere il suo tempo, quello trascorso sotto il regno di un sovrano che ha normalizzato la genialità.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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