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È tempo

L’oggettiva impennata dei contagi nel nostro Paese ci ricorda che bisogna procedere ai richiami senza farsi distrarre da polemiche e posizioni di bandiera. Non è in gioco “il Natale” ma molto di più.
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L’oggettiva impennata dei contagi nel nostro Paese ci ricorda che bisogna procedere ai richiami senza farsi distrarre da polemiche e posizioni di bandiera. Non è in gioco “il Natale” ma molto di più.
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L’oggettiva impennata dei contagi nel nostro Paese ci ricorda che bisogna procedere ai richiami senza farsi distrarre da polemiche e posizioni di bandiera. Non è in gioco “il Natale” ma molto di più.
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L’oggettiva impennata dei contagi nel nostro Paese ci ricorda che bisogna procedere ai richiami senza farsi distrarre da polemiche e posizioni di bandiera. Non è in gioco “il Natale” ma molto di più.
Sarà il ‘generale tempo’ a decidere questa nuova battaglia contro il Coronavirus. Inutile cercare alleanze dell’ultimo minuto con la narrazione del terrore. Proprio perché non abbiamo tempo, non possiamo permetterci di dare il via a un balletto di settimane o passare le ore a contare i nuovi contagi e a sottolineare differenze nel bene e nel male con gli altri Paesi europei. Con il sovrapprezzo di offrire la condizione ideale a chi non vede l’ora di rimestare nel torbido e soffiare sul fuoco di una rabbia sociale pronta a incanalarsi sulla via del rifiuto di qualsiasi nuova misura di restrizione. Il ‘generale tempo’ impone di procedere ai richiami senza farsi distrarre da polemiche e posizioni di bandiera o da chi non vede l’ora di segnalare la propria esistenza giocando indifferentemente su uno dei due tavoli a disposizione: la grande severità nei confronti dei non vaccinati (molto presto anche dei non ‘richiamati’), viceversa la balla dello Stato di polizia e lo sciocchezzario che ci è già costato molto in questi mesi. Perché dovremmo scegliere fra due oggettive esagerazioni? Non consola che la prima sia indiscutibilmente più comprensibile, nel tentativo di evitare a tantissimi i danni derivati dalla testardaggine di pochi. Abbiamo un’alternativa, che è il logico continuum dello straordinario successo della campagna vaccinale, madre della nostra condizione decisamente migliore di molti Paesi vicini. L’oggettiva impennata degli ultimi giorni ci ammonisce, però, a non dormire sugli allori. Nulla di più, senza spettacolarizzare o cercare il dramma a tutti i costi. Appena 48 ore fa abbiamo scritto dei dati scientifici sul decadimento progressivo della protezione, dopo sei mesi dalla seconda dose. È l’analisi degli effetti della campagna vaccinale in interi Paesi come Regno Unito e Israele. Parliamo di milioni di persone, che i rispettivi governi sono riusciti a vaccinare per la terza volta in tempi rapidissimi. Eccolo il ‘generale tempo’ fare il suo lavoro, rialzando la curva di protezione e facendo scendere a gran velocità le morti e i casi gravi. Non è un caso che due giorni fa Israele abbia fatto segnare zero vittime riconducibili al Covid. Non sarà facile resistere alle pressioni, ora rappresentate dai presidenti di Regione del Nord, ma se il governo Draghi non vuole intraprendere le strade austriache e tedesche è il momento di investire ogni energia disponibile nei richiami. Senza remore o riserve mentali. Non è in gioco “il Natale“, ma molto di più: la normalità e il ritmo della nostra ripresa economica. Per confermare le previsioni, il Paese non può fermarsi e non può neppure rallentare. Abbiamo stupito l’Europa, cedere adesso alla paura e all’irrazionalità sarebbe imperdonabile.   di Fulvio Giuliani

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