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Il richiamo

Non è stato mai sostenuto, né a livello scientifico né politico, che sarebbero bastate due dosi per debellare il virus, dunque sbagliato parlare di una sconfitta del vaccino. Prendiamo esempio da Paesi come Regno Unito e Israele che, dopo aver accelerato sulla terza dose, ora stanno contenendo i contagi.
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Il richiamo

Non è stato mai sostenuto, né a livello scientifico né politico, che sarebbero bastate due dosi per debellare il virus, dunque sbagliato parlare di una sconfitta del vaccino. Prendiamo esempio da Paesi come Regno Unito e Israele che, dopo aver accelerato sulla terza dose, ora stanno contenendo i contagi.
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Il richiamo

Non è stato mai sostenuto, né a livello scientifico né politico, che sarebbero bastate due dosi per debellare il virus, dunque sbagliato parlare di una sconfitta del vaccino. Prendiamo esempio da Paesi come Regno Unito e Israele che, dopo aver accelerato sulla terza dose, ora stanno contenendo i contagi.
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Non è stato mai sostenuto, né a livello scientifico né politico, che sarebbero bastate due dosi per debellare il virus, dunque sbagliato parlare di una sconfitta del vaccino. Prendiamo esempio da Paesi come Regno Unito e Israele che, dopo aver accelerato sulla terza dose, ora stanno contenendo i contagi.
Scrivere che la terza dose sarà per tutti e inevitabile non basta più. Drammatizzare, del resto, non serve. Puntare a ‘far paura’ ancor meno, finendo per cristallizzare posizioni e resistenze. È la scienza a doverci venire in soccorso, per sostenere una capillare opera di informazione e convincimento. Dovremmo anche saper sfruttare gli esempi virtuosi di almeno due Paesi, Regno Unito e Israele. Prima di parlare di questi ultimi, è bene sottolineare come la terza dose o boost che dir si voglia non è una sconfitta dei vaccini. Al contrario, la campagna di richiamo era nell’ordine delle cose. Non è stato mai sostenuto, né a livello scientifico né politico, che avremmo chiuso la partita con le prime due dosi e oggi vaneggiare di un buco nell’acqua dei vaccini è concettualmente disonesto. Possiamo discutere e anche dividerci su tutto, considerando più o meno sensato l’uso del Green Pass e le nuove norme varate per i mezzi di trasporto, ma sui vaccini no. Dividersi sulla campagna per i richiami sarebbe intollerabile, perché finirebbe per mettere in discussione lo straordinario risultato ottenuto dall’Italia e dagli italiani. Dicevamo degli esempi che abbiamo dall’estero. La Gran Bretagna, davanti a una oggettiva e forte risalita dei nuovi contagi ha fatto solo una cosa: accelerare sui richiami, arrivando a 2 milioni di terze dosi in una settimana. In occasione della 13ª edizione di Science for Peace and Health, organizzata annualmente dalla Fondazione Umberto Veronesi, abbiamo potuto incontrare Arnon Afek, vice direttore dello Sheba Medical Center di Tel Aviv, una delle più importanti strutture sanitarie del Paese, da tre anni inserita da “Newsweek” nella Top Ten degli ospedali al mondo. Il professor Afek – ricordato come la stessa abitudine a vivere in uno stato di emergenza continua abbia determinato un istintivo rispetto delle indicazioni del governo – ha sottolineato gli elementi decisivi della campagna di contrasto al Covid-19 in Israele: una vaccinazione di massa veloce e capillare e l’attento studio della tenuta della copertura. Studiandola giorno per giorno, si è osservata una decisa decrescita dal sesto mese in avanti. Accertato questo calo, si è partiti all’istante con i richiami di massa e gli effetti sono stati subito visibili, con una protezione diffusa nelle diverse fasce d’età. Commentando i dati italiani, il professor Afek ha giudicato estremamente positivo il lavoro svolto fino a oggi, aggiungendo che con un forte impegno nelle terze somministrazioni dovremmo poter gestire senza difficoltà la quarta ondata. Nessun dubbio, da parte sua, sul momento che si sta vivendo a livello globale: «Siamo di fronte, senza alcuna discussione possibile, alla pandemia dei non vaccinati» ha sottolineato. Non un è politico a sostegno delle misure di contenimento più dure, ma uno scienziato davanti all’analisi della realtà sanitaria del proprio Paese.   di Fulvio Giuliani

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